Caffè, caffettieri e ripostieri a Martano tra Ottocento e Novecento
Fu attorno alla metà dell’Ottocento che anche a Martano comparvero le prime botteghe per la degustazione del caffè.
Diffuse in tutta Europa a partire dall’età dell’Illuminismo, le caffetterie, oltre a servire la nota bevanda di origine ottomana, tè e altri infusi caldi, rappresentavano i centri della sociabilità borghese, luoghi di incontro, lettura e intrattenimento. Al banco, ai tavoli, qualche volta persino nel retrobottega, gli avventori si intrattenevano, tra un sorso e l’altro, in discussioni di politica, cultura ed economia. Per questo, nel corso di tutta la seconda metà dell’Ottocento, l’apertura dei primi tre caffè di Martano, il “Caffè Ficile”, il “Caffè Stella” e il “Caffè Esposito”, costituiva il segnale che anche nella piccola cittadina grika la vita pubblica stava subendo un lento processo di trasformazione dei propri costumi e di allargamento delle proprie basi sociali.
Non a caso, un ruolo importante nella diffusione delle caffetterie fu esercitato dalle maestranze napoletane che, giunte a Martano al servizio dei feudatari, furono poi indotte dalla crisi delle classi aristocratiche a impiegarsi in botteghe al servizio di un pubblico più ampio. Ma allo stesso tempo, la comparsa dei primi caffè fu anche la diretta conseguenza di una già ampia circolazione, in seno al ceto commerciante e artigiano della città, di saperi e competenze relativi alla preparazione di dolci, confetture, cioccolate e sorbetti. Così, la caffetteria finì presto per rappresentare il luogo dove si condensava l’offerta di caffettieri, sorbettieri, dolciari e vinivendoli, al punto che alcuni pionieri finirono per avviare vere e proprie dinastie, i cui componenti si sarebbero specializzati in diversi rami, dalla pasticceria fino alla vendita di generi coloniali.
La prima caffetteria martanese fu quella di Giovanni Ficile. Famiglia napoletana al servizio dei baroni Gadaleta, ultimi feudatari di Martano, i Ficile impiantarono sin dalla prima metà dell’Ottocento una caffetteria e un laboratorio per la produzione artigianale di dolciumi, gelati e pasticceria. Nato nel 1808 dal padre Cesare, cuoco di casa Gadaleta, e da Francesca Guglielmo, Giovanni lavorava come “ripostiere” e “credenziere” nelle case dei possidenti, predisponendo gli elementi decorativi delle tavole da pranzo e preparando bevande al caffè e al cioccolato, dolci, confetture e sorbetti. La discreta remunerazione assicurata dalla professione e, soprattutto, il più facile accesso al credito privato che proveniva dal frequentare abitualmente le dimore delle élite aristocratiche e borghesi, avrebbero garantito al Ficile gli strumenti necessari per avviare anche due botteghe artigiane per la somministrazione di caffé e sorbetti, oltre che per la vendita di dolci. Le botteghe, site nella piazza principale della città e ambedue gestite in fitto, erano infatti una di proprietà di Stapino Corina e l’altra di Giuseppe Nicola Marcucci.
Il saldo radicamento della famiglia Ficile nel tessuto del notabilato cittadino era del resto confermato dalle strategie matrimoniali e dal profilo pubblico di molti dei discendenti di Giovanni, il quale, unitosi nel febbraio 1840 con Marina Mariano, aveva avuto otto figli: Cesare, Vincenza, Domenico, Francesco, Nicola, Addolorata, Luigi e Antonio. Le scelte compiute da Giovanni, al momento della sua morte avvenuta il 28 giugno 1863, sono significative. Al figlio e alla figlia primogeniti spettava il compito di mantenere vivo il sistema di relazioni con le classi dirigenti: Vincenza andava in sposa a Francesco Marcucci, esponente – come già ricordato – di una delle famiglie possidenti della città; a Cesare, arciprete e studioso della lingua grika, andavano gli utensili da “ripostiere” del padre, ormai semplici cimeli di una professione in via di inesorabile estinzione, «consistente ogni posata in una forchetta, in un cucchiaio e in un cortello, e quattro cucchiaini anche di argento». Ai fratelli minori spettava invece il compito di subentrare nelle attività paterne della caffetteria e della preparazione di dolci. Per oltre mezzo secolo, dalla metà degli anni Sessanta dell’Ottocento agli anni Venti del Novecento, Domenico e Nicola avrebbero gestito il Caffè Ficile, definitivamente collocato tra Piazza Assunta e Largo S. Sofia – affianco alla cappella di S. Vito – mentre Antonio e Luigi si sarebbero occupati della conduzione del laboratorio dolciario, sito nel rione S. Lucia.
A partire dal 1925, l’insieme delle attività dei fratelli Ficile passava alla terza generazione, nelle mani di Giuseppe, figlio di Luigi e di Giuseppa Croce. Nato a Lecce nel 1901, il nipote del capostipite Giovanni seppe interpretare con intelligenza la transizione dai caffè ai moderni bar, acquisendo nel secondo dopoguerra la licenza per la vendita di liquori e di essenze per la loro fabbricazione, e installando una nuovissima macchina per il caffè espresso. Ma soprattutto, Giuseppe avrebbe presto conquistato la notorietà sul più vasto mercato provinciale, grazie all’attività di venditore ambulante in occasione di sagre, fiere e celebrazioni patronali, unita a una riconosciuta maestria nella preparazione del “pasticciotto”, dolce tipico della tradizione salentina fatto di pasta frolla, ripieno di crema e cotto in forno. Enormi vassoi di pasticciotti venivano quotidianamente trasportati a piedi o in bicicletta dalla nuova sede del laboratorio, presso l’appartamento di famiglia in via Marconi, al bar, per essere poi serviti caldi sin dalle prime ore della mattina, garantendo gusto, fragranza e proprietà organolettiche.
Ma se i Ficile possono essere considerati i pionieri della caffetteria a Martano, tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento altre famiglie facevano la loro comparsa nel settore della degustazione del caffè e della vendita di dolci. E’ il caso del Caffè Stella, aperto nel 1881; di Maria Addolorata Esposito, che sin dal 1895 gestiva una vendita di caffè e vini; e di Antonio Leucci, dal 1910 venditore di caffè e liquori.
La presenza della famiglia Stella tra le maestranze dolciarie prese avvio con Raffaele, nato nel 1815 dal padre Giovanni, contadino e piccolo proprietario. Attorno alla metà dell’Ottocento, Raffaele risultava già impiegato come “dolciere”, professione che non gli era stata trasmessa dal padre e che, con ogni probabilità, aveva appreso frequentando alcuni pasticceri appartenenti alla famiglia Stomeo, da cui proveniva la moglie Francesca. Attorno al 1881, Raffaele Stella riusciva nell’intento di avviare un’attività autonoma, aprendo una caffetteria in Piazza Assunta e proseguendo in proprio la produzione di dolci e confetti. In particolare, a determinare le fortune del “Caffé e dolci Stella” sarebbe stata l’abilità di Raffaele nella preparazione artigianale della “cupeta”, un croccante di mandorle e zucchero caramellato di origine araba, molto diffuso in Terra d’Otranto. Negli ultimi anni dell’Ottocento, alla caffetteria – divenuta ormai luogo di ritrovo dell’élite dirigente cittadina – si era andata aggiungendo la gestione di un alberghetto e di una trattoria, tanto che, nel 1895, Raffaele decideva di ritirarsi e di affidare la cura di ogni attività ai figli Vincenzo, Salvatore, Geremia e Gregorio.
Con la seconda generazione, gli Stella cominciarono a sviluppare un’organizzazione razionale delle proprie attività. Mentre Salvatore e Geremia assumevano la gestione del Caffè e della pasticceria, Vincenzo e Gregorio inauguravano un nuovo ramo di attività, aprendo in prossimità della torre dell’orologio, in Piazza Assunta, una bottega per la vendita di generi da banco e la somministrazione di vino. Questa suddivisione rispondeva, tra l’altro, anche all’esigenza di contenere i costi di approvvigionamento delle materie prime necessarie all’attività dolciaria e alla caffetteria, mantenendolo nell’ambito del controllo familiare. La Terra d’Otranto e, soprattutto, la provincia di Bari erano infatti ricche di mandorle, mentre mancavano del tutto lo zucchero e il caffè, generi che dovevano essere introdotti sul mercato locale attraverso i collegamenti ferroviari o il porto di Gallipoli, per poi essere distribuiti nei diversi centri della provincia. Non a caso era Vincenzo, “vinivendolo” e “pizzicagnolo”, l’unico dei quattro fratelli Stella a possedere un cavallo e un traino con cui trasportare dalla vicina stazione di Zollino e dai mercati settimanali le derrate necessarie allo spaccio e alla stessa pasticceria. Questa organizzazione, divisa tra l’approvvigionamento e la vendita di prodotti coloniali, da una parte, e la loro trasformazione in bevande e prodotti dolciari, dall’altra, veniva perfezionata nel primo Dopoguerra. Tutti i fratelli Stella, a eccezione del solo Gregorio, erano impegnati nella pasticceria, tra il Caffé e dolci Stella, sito nella piazza centrale, e il laboratorio, collocato tra via Roma e via Pomerio in un vecchio mulino acquisito dai Gadaleta. In questi anni, si affacciavano al lavoro anche i nipoti dell’ormai defunto Raffaele. Michele, figlio di Vincenzo, lavorava nella caffetteria, mentre Emanuele, figlio di Geremia, aveva assunto la gestione della drogheria, occupandosi soprattutto della vendita di generi coloniali, tra cui cioccolato, caffè e zucchero.
Con lo scoppio del secondo conflitto mondiale entrava in scena la quarta generazione, destinata a introdurre importanti novità nell’ambito della preparazione e della commercializzazione dei dolciumi e dei prodotti di pasticceria. A partire dal giugno 1939, sarebbe stato Angelo, figlio di Michele e di Elisabetta Protopapa, a sperimentare un diverso approccio al mercato locale, basato non più sul solo commercio in sede fissa ma, soprattutto, sulla vendita di dolciumi in forma ambulante. Così, se da una parte il Caffé e dolci Stella seguiva il segno dei tempi, introducendo nel 1948 una moderna macchina da caffé espresso, dall’altra, con Angelo, gli Stella cominciarono a vendere “cupeta”, “mustaccioli”, caramelle, confetti e cioccolato, in occasione delle feste patronali celebrate nelle diverse città della provincia di Lecce, in primo luogo Lecce e Otranto. Negli ultimi decenni del Novecento, i due rami del Caffé Stella e della vendita ambulante sono andati strutturandosi in attività separate e autonome.
Antonio Bonatesta
Università del Salento
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