Pressioni sulla figlia di Barba a ritrattare
Seppur minacciata, o più amichevolmente invitata a ritrattare le accuse, la giovane figlia (24 anni) – Rosalba – che accusa di omicidio premeditato il padre, il quarantatreenne gallipolino, Marco Barba (“Tannutu”), nome noto nella storia della criminalità locale, non fa marcia indietro e riferisce il fatto ai carabinieri che stanno conducendo le indagini.
La notizia è nota e su tutte le pagine dei giornali. Ad uccidere il 41enne marocchino, Khalid Lagraidi, venditore ambulante, sarebbe stato un colpo alla testa inferto da Barba: il primo. Poi, è seguito l’accanimento sul corpo – ormai – senza vita, con altri colpi e lo strangolamento. Una fredda esecuzione, raccapricciante. A risalire alla feroce dinamica del delitto è stata l’autopsia sul corpo fatto ritrovare dalla ragazza in un bidone cementato con calce e pietre nella campagne di Gallipoli la notte del 31 di gennaio. Inizialmente si era creduto che fosse stato ucciso per strangolamento, poi, la scoperta con la biopsia. Il motivo per il quale sarebbe stato giustiziato sarebbe stato, molto probabilmente, il furto di un pezzo di hashish dalla casa del gallipolino, da parte del marocchino. Barba è indagato di omicidio volontario premeditato, distruzione ed occultamento di cadavere. La giovane avrebbe raccontato che sarebbe stata costretta ad aiutare il genitore violento e possessivo nel tentativo di sciogliere il marocchino nell’acido. L’operazione dello scioglimento del cadavere non sarebbe riuscita. Perciò, la decisione di tombare il corpo senza vita nel bidone.
Del marocchino si erano perse le tracce dal 23 giugno scorso. A denunciare la scomparsa era stata la sorella Souad. Khalid La notte dell’omicidio, avrebbe raccontato la giovane, lei sarebbe rimasta in macchina ad attendere il padre che si era allontanata con il marocchino. Al ritorno le avrebbe raccontato di averlo ucciso strangolandolo con una corda al collo.