BULLISMO: non è grande chi ti fa sentire piccolo
Calci, schiaffi, insulti che comportano sguardi bassi e labbra serrate. Parole che feriscono più delle azioni. Insicurezze, complessi di inferiorità. Tutto ciò è conosciuto con il nome di bullismo o, in altri contesti, come “mobbing” (in ambito lavorativo) o “nonnismo” (nell’ambito delle forze armate).
Il 7 febbraio 2017 è stata la prima “Giornata nazionale contro il bullismo a scuola”,il cui simbolo è il “nodo blu”. Non si tratta di un fenomeno nuovo, tuttavia va ad accrescersi nel tempo, e ciò è confermato da intere pagine di giornali dedicate ad episodi di bullismo nei confronti di bambini e adolescenti.
Episodi che si manifestano sempre più frequentemente a scuola: luogo di socializzazione per eccellenza, che dovrebbe favorire l’inserimento sociale dell’individuo, fondato sul rispetto, andando oltre a pregiudizi, intolleranze e discriminazioni. E invece no, esistono i bulli che giudicano gli altri “sfigati”, “secchioni” o “diversi” per sentirsi migliori, i bulli che si divertono a trattarti come un piccolo puntino insignificante , i bulli che esercitano violenza: sia essa fisica o mentale, non cambia, fa male uguale.
Diciamo BASTA ai bulli.
Ti ridono dietro perché sei diverso? Tu ridi di loro perché sono tutti uguali, e se ti fanno pensare “cambio scuola, cambio classe o cambio io”, tu non li ascoltare, sono loro che dovrebbero cambiare, sono cosi deboli che in gruppo alzano la cresta, ma da soli la abbassano; e mettiamo in chiaro una cosa: gli insulti non sono libertà di parola. Arginare questi fenomeni è diventato sempre più difficile perché non si manifestano solo all’interno delle mura scolastiche, che è un luogo comunque ristretto e dove in qualche modo vi può essere una supervisione da parte dei docenti, ma anche e soprattutto attraverso i social network. Perché, dove non si possono celare dietro al “branco” , i ragazzi si nascondono dietro lo schermo del computer o dello smartphone, o addirittura dietro un profilo anonimo (prendendo il nome di haters). Queste persone, senza nome e senza volto, non hanno fatto altro che incrementare il fenomeno del cyber bullismo, in cui la vittima è messa in ridicolo da un fantasma privo di coraggio: è proprio vero che le persone se hanno davanti a se una maschera sono più spietate, e manifestano comportamenti che non verrebbero messi in atto così facilmente se si fosse di fronte all’altra persona.
È il caso della campionessa paralimpica di scherma,Bebe Vio, ultimamente attaccata da insulti e minacce sessuali attraverso una pagina Facebook. La pagina è stata cancellata, e la campionessa veneta ha denunciato gli autori, affermando di provare tristezza per le persone che usano internet per insultare gli altri, a prescindere dal motivo. Bebe Vio, esempio di vita e di coraggio, non rinuncerà alla sua battaglia sportiva e umana, e, come dichiarato da Walter Verini, ha l’appoggio, la stima e la solidarietà di tutti i cittadini democratici per aver scelto di denunciare le molestie che le vengono rivolte in rete. Lei è una delle poche vittime che ha avuto il coraggio di denunciare, molti non lo fanno per paura o per intimidazioni; proprio per questo motivo nasce il movimento “MABASTA”: per aiutare le vittime ad aprirsi, ma non solo, aiuta anche i bulli, perché sono loro ad averne più bisogno!
Il progetto “Movimento Anti Bullismo Animato da Studenti Adolescenti” è nato il 7 febbraio 2016, da un gruppo di 14 ragazzi, della classe 1°A dell’ istituto Galielo Costa di Lecce, per sensibilizzare i propri coetanei. Questo movimento che nasce dal basso prevede un esercito di “bulliziotti”, ovvero studenti che hanno il compito di essere dei mini “centri di ascolto” locali, persone a cui le vittime e gli spettatori possono rivolgersi per mettere in luce ogni più piccolo episodio, e una “BulliBox” in ogni scuola, nelle quali si possono imbucare segnalazioni di episodi o di situazioni riconducibili al cyberbullismo e al bullismo.
Alla necessità di intervenire per arginare il fenomeno del bullismo , non poteva rimanere estraneo il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca,che ha istituito l’associazione “GENERAZIONI CONNESSE”, a cui tutti possono rivolgersi per supporto o segnalazioni, tramite il sito internet www.generazioniconnesse.it. A tutti noi studenti, dunque, una raccomandazione Non abbiate paura: denunciate!
Francesca Pacella