Piazzetta Matteotti. Che storia!
La storia di ciò che un tempo i martanesi conoscevano e indicavano con il nome di Piazza degli Uffici comincia con il processo di unificazione della penisola, ovvero quando, sin dal 1861, si forma la prima giunta comunale dell’Italia unita sotto la guida del magistrato Achille Andrichi, personalità destinata a lasciare a lungo traccia in città per il suo «fervido ingegno e i profondi studi» così come per il suo «fiero e nobile carattere». In quel tornante dei primi anni Sessanta dell’Ottocento, la giunta Andrichi – composta da altre rilevanti personalità come Stapino Corina, Giuseppe Nicola Marcucci e Pantaleone Vitto – e animata dai profondi ideali della democrazia risorgimentale di Mazzini e Garibaldi, decideva di destinare i locali dell’ex convento dei Domenicani – l’attuale Palazzo di Città – a sala consiliare, uffici comunali e per le necessità della locale pretura mandamentale.
L’area antistante Palazzo degli Uffici, tuttavia, rimaneva spoglia di qualsiasi elemento architettonico. Del resto, questo spazio non possedeva ancora i connotati di una vera e propria piazza, connotati che cominceranno ad emergere sotto il profilo urbanistico solo a partire dal successivo sventramento del complesso di fabbricati antistante e con l’apertura della cosiddetta via Amena, l’attuale via Trinchese, operata negli anni successivi dal sindaco Pietro Bosano Joly. Sono anni questi, durante i quali la città è investita dal giovane Stato unitario della responsabilità di contribuire alla grande opera di edificazione materiale della nazione, attraverso la costruzione della rete stradale interna e delle vie di comunicazione esterne. Sarà solo con gli anni Novanta dell’Ottocento, una volta esaurito l’impulso impresso all’implementazione della viabilità, che Piazzetta degli Uffici comincerà ad assumere la sua attuale identità architettonica. Il giovane sindaco moderato Carlo Prete, assurto alla carica sindacale nel 1893 e descritto dai dispacci prefettizi degli anni successivi come particolarmente propenso ad una politica di decoro urbano, lega immediatamente il suo mandato al progetto di rifacimento del Palazzo e della Piazza degli Uffici. I locali del Palazzo infatti – specie quelli del piano superiore dove è ospitata la sala consiliare – risultano essere in condizioni tali che molti consiglieri comunali, avanti con gli anni, addirittura disertano le sedute per il freddo e l’umidità, giustificando le loro assenze con simili motivazioni. L’intuizione è quella di tenere assieme il complesso del Palazzo e della Piazza in un unico progetto di rifacimento, come a sottolineare l’importanza della funzione di governo, di rappresentanza e assembramento svolta da quest’area della città. Il progetto è così affidato all’ingegnere comunale Salvatore Bonatesta e, dopo diverse varianti, esso arriva a prevedere l’abbattimento e il rifacimento dei locali del primo piano, la costruzione di un porticato interno e di nuovi uffici da adibire ad aule scolastiche, la presenza di una serie di gradoni in pietra calcarea dura per fornire risalto all’ingresso e, infine, la perimetrazione della Piazza degli Uffici sempre con grosse lastre di pietra calcarea dura, la basolatura dello spiazzo antistante la Chiesa del Rosario con pietra fornita dalle cave di Cannole e la formazione delle “navette” laterali dello stradone compreso tra lo sbocco di via Amena e la piazza. I lavori, appaltati ad Oronzo Fuso, una delle maestranze più esperte del paese, e ad altri artigiani locali, vengono portati a termine qualche anno più tardi, nel 1896. Più di dieci anni più tardi sarà la volta della statua di marmo e bronzo del Trinchese, la cui collocazione nella Piazza degli Uffici fu voluta fortemente dalla giunta di un altro giovanissimo sindaco di Martano, Vito Corina, e dal Comitato per le celebrazioni presieduto dal conte Carlo Gaetani di Castelmola. Il volto bronzeo del Trinchese, scoperto nel 1907 quando ormai era maturato un cambio di guardia amministrativo con le giunte moderate e cattoliche dei Comi, arricchiva ulteriormente la piazza e contribuiva a fornirle sembianze a noi più familiari. Uno vecchio scatto fotografico ferma Piazza degli Uffici proprio in un tempo successivo alla collocazione della statua del Trinchese. Un gruppo di notabili si attardano dinanzi all’ingresso del Municipio: sotto i loro piedi giace ancora lo sterrato a macadam, mentre si nota un’altra assenza: gli alberi. La basolatura del tratto antistante il Municipio – il sagrato della Chiesa era stato provveduto di basoli, come detto, nel 1896 – e la piantumazione delle giovani querce avverranno infatti negli anni Cinquanta del Novecento, quando la Piazzetta ha ormai tramutato il suo nome in Piazzetta Matteotti.
La continuità architettonico-urbanistica è però garantita dall’utilizzo degli stessi materiali che i progettisti di fine Ottocento avevano individuato nelle pietre locali – questa volta è la pietra di Soleto – e dalla disponibilità di maestranze ancora in grado di provvedere alla messa in opera dei basoli secondo pratiche e tecniche ataviche. Così, nella seconda metà del Novecento, Piazzetta Matteotti ha ormai assunto la sua conformazione attuale, raggiunta attraverso un insieme di interventi che si sono succeduti e storicamente sedimentati nel tempo, la cui caratteristica fondamentale sembra essere stata la volontà di aggiungere qualcosa, non mai di stravolgere e dissipare le testimonianze e le tracce precedenti.
Antonio Bonatesta