Martano: “Japan now” presenta la rassegna “Japan cult cinema”
A partire dal 16 luglio ogni martedi’ il biglietto vale doppio: visita alla mostra e cineforum all’aperto.
La mostra japan now! Propone, a partire dal 16 luglio, un racconto del giappone contemporaneo che affianca alle opere esposte nelle sale dell’urban center di Martano le visioni dei maestri del cinema del sol levante.
Tutti i martedì con il biglietto d’ingresso alla mostra sarà possibile , a partire dalle 20.30, godere del piacere del rito collettivo del cineforum estivo all’aperto.
Si comincia con un classico, rashomon di akira kurosawa, il film che negli anni ’50 inaugura una stagione di grandi capolavori, facendo conoscere e apprezzare il cinema giapponese in occidente.
Non potevano mancare, tra una selezione di film più recenti, due pellicole rappresentative della produzione della nouvelle vague giapponese degli anni ’60. Il 6 agosto è la volta di la farfalla sul mirino di seijun suzuki, un delirante yakuza movie che da fisco commerciale e causa di problemi giudiziari e un decennio d’inattività per il suo regista si è trasformato a partire dagli anni ’80 in un film cult della controcultura, ispiratore di registi come tarantino. Di tutt’altro genere il film di hiroshi teshigara, la donna di sabbia, in proiezione il 27 agosto. Vincitore del premio speciale della giuria al festival di cannes, il film tratto dal romanzo omonimo di abe kobo, è incredibilmente potente e suggestivo, a tratti surrealista, sperimentale nelle immagini e nella fotografia, poetico e claustrofobico al contempo, tagliente come un foglio di carta.
Il resto della rassegna è dedicato a takeshi kitano che a cannes nel ’93, mentre viene presentata l’ultima opera del maestro kurosawa, esordisce con il film sonatine (in programmazione il 23 luglio). Negli anni ’90 kitano, consacrato definitivamente dalla vittoria del leone d’oro a venezia nel 1997 con il film hana-bi, in visione il 13 agosto, e dal successo nel 1999 del film l’estate di kikujiro (proiezione del 30 luglio) sarà l’unico regista giapponese capace di affermarsi a livello internazionale.
Informazioni e prenotazioni: info@mostrajapannow.com
martedi’ 16 luglio: “japan cult cinema!”, rashomon (1950) di akira kurosawa
rashomon (羅生門 rashōmon?) (la porta rasho) è un film del 1950 diretto da akira kurosawa.
Ispirato principalmente al racconto “nel bosco” di akutagawa, fu integrato con estratti da rashōmon, dello stesso autore.
Il film è una imponente parabola sulla relatività e sulle mille sfaccettature della verità e, oltre a far conoscere il cinema giapponese in europa, impose il grande talento dell’attore toshiro mifune sulla scena internazionale.
Girato nella foresta vergine di nara nei dintorni di kyōto con un budget bassissimo, il film venne messo in circolazione in giappone il 25 agosto 1950, contro il parere dei dirigenti della daiei motion picture company, la casa produttrice, che non ritennero meritevole il film. Grazie all’interessamento di giuliana stramigioli, docente di italiano presso l’università degli studi stranieri di tokyo e fondatrice della italifilm, kurosawa riuscì ad inviare il film in italia, dove venne presentato al festival di venezia, vincendo il leone d’oro al miglior film.
Pochi mesi dopo il film vinse, ad honorem, anche un premio oscar come miglior film straniero. Si aprì così il successo internazionale per un film (e per un regista) che in patria aveva trovato poco apprezzamento.
Orario: 20.30
costo: ingresso gratuito con biglietto d’ingresso alla mostra.
Martedi’ 23 luglio: “japan cult cinema!”, sonatine (1993) di takeshi kitano
sonatine è un gangster movie, sbozzato da lampi di black-umor e di poesia secca, formata sul contrasto visivo – la prima immagine è un variopinto e fiabesco pesce trafitto da una fiocina – fra l’azione implacabile e la percezione magica della natura.
Murakawa (kitano) è un boss della yakuza, la mafia giapponese. Il suo capo gli ingiunge di recarsi ad okinawa per pacificare una lite intestina alla organizzazione. Nell’isola, lui, e i suoi uomini, cui si affilia una ragazza, capiranno di trovarsi in una trappola tesa ad eliminarli; lui, infatti, è considerato troppo potente per il suo capo. Murakawa si insedia in una casa in riva al mare e medita la vendetta.
Immune dallo standard del bandito occidentale, dove il cattivo è consapevole della sua dannazione e spesso animato da un’ombra di riscatto morale, il criminale kitano non tratta la sua scelta di vita come un fatto personale fra se stesso e la società. Lui è un samurai sbandato, artistoide, persino ingenuo quando non spara. L’impostazione formale, tesa ed asciutta, nel film è costante, che tuttavia ha il ritmo scandito dalla camminata sciatta di kitano, dai suoi sguardi assenti e decisi, dalle immagini limpide e atroci, unite dai silenzi delle basse coste giapponesi e dallo stridere della sabbia unta di sangue sulle suole delle scarpe. Su questo assunto narrativo si fonda sonatine, che non è un capolavoro, ma un prodotto fitto di trovate drammaturgiche, sorretto da uno sguardo dichiaratamente pittorico.
Per questo film, peraltro programmato anche in televisione visto che la sua data al cinema risale addirittura al ’93, takeshi kitano incarna quattro funzioni: protagonista, regista, sceneggiatore e montatore.
Con “sonatine” kitano ha vinto il festival di taormina nel ’93 e da molti questo film é considerato il suo autentico capolavoro.
Orario: 20.30
costo: ingresso gratuito con biglietto d’ingresso alla mostra.
Martedi’ 30 luglio: “japan cult cinema!”, l’estate di kikujiro (1999) di takeshi kitano
è estate e masao si sta annoiando. Il bambino abita a tokyo con sua nonna che lavora tutto il giorno. I suoi amici sono partiti per le vacanze e il campo da pallone dove gioca con i suoi amici è deserto. Grazie ad un’amica di sua nonna, masao incontra kikujiro, un cinquantenne duro con il quale va alla ricerca della madre che non conosce e che vive vicino al mare. Kikujiro ha qualche difetto e sicuramente non è la persona adatta per accompagnare masao nel viaggio, ma non può dirgli di no.
Con un occhio a “il monello” di chaplin, rivisto attraverso la tradizione moderna di road movie con bambini, kitano coniuga il suo straordinario senso cromatico con il suo gusto per la comicità demenziale e con quella malinconia della violenza e della perdita dell’anima giapponese che sempre serpeggia nei suoi film. La favola, che in fondo non è buona, ma rattristata dall’immagine di una madre che si è rifatta una vita “regolare”, concilia, almeno, sulla possibilità di solidarietà tra personaggi che, all’apparenza, non dovrebbero aver niente a che spartire. Formalmente accecante, è capace di meraviglie visive con le suggestioni e i lampi generati dall’inconscio infantile e da quello, bizzarro, di un adulto che vive oltre la soglia dell’eccentricità.
Orario: 20.30
costo: ingresso gratuito con biglietto d’ingresso alla mostra.
Martedi’ 6 agosto: “japan cult cinema!”, la farfalla sul mirino (1967) di seijun suzuki
la “farfalla sul mirino”, noto anche con il titolo alternativo “il marchio dell’assassino”, è uno yakuza movie giapponese del 1967 diretto da seijun suzuki.
Il film, prodotto dalla nikkatsu, uscì in coppia con hana o kuu mushi diretto da shōgorō nishimura. La storia vede protagonista un killer professionista che, innamoratosi di una misteriosa donna, accetta di svolgere per conto di essa una missione impossibile; una volta fallita la missione, i due dovranno vedersela con il famigerato killer numero 1, assunto per ucciderli.
I produttori del film erano fermamente contrari alla sceneggiatura scritta dal regista, ricca di elementi satirici e anarchici che rendavano la pellicola unica nel suo genere e completamente diversa dalle altre precedentemente dirette dallo stesso regista.
Inizialmente, il film fu un fiasco, sia commerciale che di critica e la casa di produzione decise di licenziare suzuki, reo di aver fatto un film senza senso e di nessun profitto. Suzuki avviò una causa – una delle più controverse nella storia dell’industria cinematografica giapponese – contro la nikkatsu company, ma venne inserito nella lista nera delle personalità più scomode e non poté girare film per dieci anni. Questa decisione nei suoi confronti aumentò notevolmente la sua popolarità e fece di suzuki un eroe della controcultura. Nonostante tutto, il film venne “riabilitato” a partire dagli anni ’80, tanto da venire ormai considerato un cult movie; tuttora, critici e fan di tutto il mondo lo considerano un capolavoro dell’assurdo.
Ha influenzato registi come quentin tarantino, chan-wook park, john woo e jim jarmusch ed è stato omaggiato in molti film successivi.
Orario: 20.30
costo: ingresso gratuito con biglietto d’ingresso alla mostra.
Martedi’ 13 agosto: “japan cult cinema!”, hana-bi (1997) di takeshi kitano
hana-bi in giapponese significa letteralmente “fiori di fuoco”, come a rappresentare i due elementi protagonisti della pellicola: i delicati fiori disegnati ed il violento fuoco delle pistole. La storia si divide tutta fra estrema violenza ed estrema dolcezza.
Già con violent cop, kitano aveva gettato le basi narrative per questo film (molti elementi della storia sono simili), ma mentre quello era semplicemente un classico “yakuza movie”, genere molto amato in giappone, in hana-bi il colore rosso sangue serve anche per dipingere meravigliosi quadri.
Kitano per la prima volta reinterpreta il genere proponendo una storia catartica, dove la “grande sparatoria” non chiude la storia ma addirittura l’apre, dove la violenza non è al servizio del bene o di un qualche ideale, bensì fine a sé stessa. Hana-bi è una storia di rinascita, di riscatto, di una nuova vita che nasce dalla morte. Di fiori nati dal fuoco, da quel fuoco che colpisce i giusti come gli ingiusti, e che quindi non ha messaggio morale.
Tutto il film è cosparso sì da sangue, ma anche da immagini meravigliose e delicate, come i colori pastello dei quadri e dei paesaggi. Tutti i quadri o i disegni presenti nel film sono opera di kitano stesso, rendendo quindi quasi biografica la storia di horibe che, una volta perso tutto nella vita, solo nel disegno troverà riscatto e voglia di vivere: anche il regista ha subìto nella realtà un violentissimo incidente in moto nell’agosto del 1994, e durante la convalescenza si è dilettato di disegno.
Nishi invece vive una dolorosa esperienza con la moglie malata terminale, trasformandosi da poliziotto violento a tenero marito e prendendosi cura della donna in rigoroso silenzio. Non c’è dialogo fra i due, ma è tutto un linguaggio di gesti, di sguardi e di giochi. Il gioco è elemento fondamentale di kitano ed è presente in tutti i film, proprio come il mare e la violenza: sembra che nessun momento sia troppo triste o tragico per non poter lasciarsi andare ad un piccolo gioco.
Orario: 20.30
costo: ingresso gratuito con biglietto d’ingresso alla mostra.
Martedi’ 20 agosto: “japan cult cinema!”, i sette samurai (1954) di akira kurosawa
interpretato, tra gli altri, da toshirō mifune e takashi shimura, “i sette samurai” è ambientato nel giappone del xvi secolo e racconta la storia di un pugno di disperati contadini di un villaggio, in cerca di qualcuno che li difenda dagli attacchi e dalla distruzione annunciata da parte di un gruppo di predoni affamati.
L’anziano del villaggio suggerisce ai contadini di cercare aiuto tra i samurai senza signore (rōnin), ma la ricerca è difficile poiché nessun contadino può ricompensarli. Grazie alla forza della disperazione, i contadini convincono kambei shimada (takashi shimura) ad aiutarli. Kambei ritiene sia necessario assoldare altri sei samurai per la difesa del villaggio.
Alla fine, il gruppo sarà composto da sei samurai e da kikuchiyo (toshirō mifune), un coraggioso contadino che finge di essere un potente guerriero. Tornati al villaggio, kambei, leader del gruppo, prepara le difese.
Orario: 20.30
costo: ingresso gratuito con biglietto d’ingresso alla mostra.
Martedi’ 27 agosto: “japan cult cinema!”, la donna di sabbia (1964) di hiroshi teshigahara
un entomologo, nonché professore universitario, si reca in una zona sabbiosa vicino al mare alla ricerca di insetti rari. Dopo essersi appisolato e aver perso l’ultimo bus disponibile per la città decide di passare la notte in un albergo nelle vicinanze di modo da continuare il lavoro il giorno successivo. Un pescatore che passava di lì per caso, lo convince a stare nel piccolo villaggio lì vicino, così da spendere meno soldi e stare in una casa privata. L’uomo accetta e viene calato in una grossa buca nella sabbia dove risiede una donna in una piccola casa. L’indomani scopre però che la scala, l’unico modo per uscire dalla buca, è stata rimossa e non c’è via di scampo. Realizza ben presto di essere stato rapito e che insieme alla donna è costretto ai lavori forzati, ovvero raccogliere sabbia da mandare in superficie.
“la donna di sabbia” è’ un film incredibilmente potente e suggestivo, a tratti surrealista, sperimentale nelle immagini e nella fotografia, poetico e claustrofobico al contempo, tagliente come un foglio di carta. E’ un’ opera che apre un varco sul nostro profondo abisso interiore.
Il film é tratto dal romanzo omonimo “suna no onna” di abe kobo.
La Redazione