Una vita da barbiere e da presidente
Antonio Gaetani compie sessant’anni di professione.
Una vita da barbiere con una passione per il calcio dilettantistico. Sessant’anni esatti, passati nel suo salone di piazza Assunta al numero 4. Divisi, per altri 22 anni con la società calcistica- prima a collaborare- poi, come presidente dal 1976. “Tanti miei ragazzi hanno giocato e giocano in società di categorie superiori, dilettantistiche e professionistiche. L’ho fatto solo per passione, senza soldi, con tanti sacrifici ma, ai miei ragazzi, non ho fatto mai mancare nulla.
Si giocava per un pasticciotto”, racconta con un pizzico di giustificato orgoglio. Oggi, Antonio Gaetani ha 71 anni, continua imperterrito ad usare forbice e pennello e quella stramaledetta passione per il calcio paesano.
Era il 1953 quando ha iniziato a frequentare quella stanzetta. Il padre fabbro, di una famiglia di fabbri, lo aveva affidato “alli mesci Gaetano e Luigi Chiriatti”. “Non arrivavo ad insaponare i clienti”, ricorda. All’epoca venivano tutti a fare la barba. Il locale disponeva di quattro dipendenti. Due facevano solo barbe e due ancora, solo capelli, “io ero ragazzo di bottega”.
Erano tempi in cui quella barberia era frequentata da tanta gente che parlava solo il grico, un luogo per scambiarsi notizie.
A chiusura di locale diveniva un punto di incontro dei soliti amici che si ritrovavano a fare una passatella: patrunu e sutta. “Mi mandavano a comprare un litro di vino e- poi- mi invitavano a bere”. Nel 1960, lasciavo le forbici e partivo per la Svizzera, “veramente con la valigia di cartone”, chiamato da mio padre. “Arrivammo a Zurigo a mezzanotte, era stata una tragedia passare la dogana a Chiasso, la superammo con uno stratagemma suggeritoci da un amico”. Cominciò una nuova vita.
La mattina il papà gli dava 5 franchi e lo invitava a cercare lavoro. “Lo trovai in un ristorante come lavapiatti, poi, in una panetteria. Mi alzavo alle cinque di mattina, alle 7,30 uscivo per consegnare il pane ai clienti. Alle 13.30, quando ritornavo a casa mi aspettavano i paesani per tagliare i capelli, ma quella era una vitaccia”. Cambiò ancora mestiere e si riciclò in una grande tipografia alla periferia di Zurigo, a circa 6 chilometri dal centro. Ma le forbici non le ha mai lasciate. In città frequentava una scuola per parrucchieri. Ma, la vita continuava ad essere dura.
Erano passati due anni dal suo arrivo in Svizzera. Da Martano arriva una lettera che gli avrebbe cambiato la vita, indirizzata ai suoi genitori. I suoi maestri del paese li imploravano a far tornare il ragazzo con la promessa che gli avrebbero lasciato il salone, aveva la stoffa giusta per fare il barbiere. Non si sono sbagliati. “Ed eccomi qui a tagliare i capelli come allora, come tanti anni fa.
Ho cresciuto due figlie, le ho mandate a scuola. Ho vissuto la mia vita con dignità, nel rispetto di tutti e tutti mi hanno rispettato, senza rimpianti”.
Fernando Durante