Alcuni canti della tradizione orale grika ottocentesca sottratti all’oblio
Mi perdoneranno i lettori di Corte Grande se ho voluto insistere presso la redazione affinché, in queste pagine, trovassero spazio alcuni canti provenienti dalla tradizione orale grika che soltanto la fortuna del cercatore d’archivio ha consentito di sottrarre alle spire dell’oblio. Questi canti, risalenti alla Martano di fine Ottocento e alle «sue adjacenze», furono trascritti nel 1891 dal professor Salvatore Chiriatti, docente di filosofia presso diversi licei italiani, non ultimi quelli di Palermo e di Lecce. Salvatore Chiriatti trascrisse questi canti e raccolse una numerosa varietà di nomi, toponimi e fonemi relativi al linguaggio in uso nel paese e nel contado, «conversando colla famiglia, consultando artigiani, contadini, fantesche [e ricorrendo] anche ai registri comunali e alle mappe». Tra i canti raccolti dal Chiriatti spiccava però la messe di canti e versi che «si debbono a un vecchio ottuagenario di Martano, più devoto di Bacco che d’Apollo, il quale, senza saper leggere, oltre che ripetere ciò che apprese da altri cantori, compone di suo, e canta di amori rusticani, descrive con loquacità puerile i pregi del luogo natale, rimpiange i godimenti della sua gioventù, ritrae vendemmie e feste religiose, frusta gli usurai, le femmine da conio e i brogli elettorali». Il materiale raccolto dal Chiriatti confluì in seguito in una pubblicazione del più noto linguista e preside del liceo palermitano, Astorre Pellegrini, pubblicazione rimasta poi successivamente dispersa nella miriade pulviscolare degli annali glottologici e da cui abbiamo deciso di trarre questi canti. Il filone della ricerca sui dialetti e sulle minoranze linguistiche italiane, avviatasi sin dagli anni Settanta dell’Ottocento e proseguita fino alla fine del secolo, rientrava in quello straordinario sforzo compiuto da pochi eruditi – dall’Ascoli, dal Morosi, dal Palumbo – nel tentativo di contribuire alla configurazione della complessa e frammentata mappa linguistica italiana. Appena dopo l’Unità, infatti, era ormai chiaro a molti come l’Italia fosse ben lontana dall’essere, come la retorica risorgimentale aveva invece suggerito, «una di lingua». Il tentativo di ricomporre assieme l’arcipelago linguistico della penisola rientrava così in una decisiva operazione di costruzione dei tratti distintivi e identitari della nazione, a partire questa volta dalla sostanza concreta della sua cultura materiale e non più dal furore patriottico. Salvatore Chiriatti vi contribuì quale manovale della ricerca, con il gusto quasi antropologico della ricerca sul campo, per poi ritirarsi in penombra e lasciando ad altri l’onore delle stampe. Salvatore, del resto, faceva parte di una delle famiglie più facoltose e influenti della Martano di fine Ottocento. Suo padre Angelantonio era infatti fratello di seconde nozze del ricchissimo Paolo Chiriatti, brutalmente assassinato nel 1874 in casa sua in un torbida vicenda amorosa in cui risultò coinvolta la stessa Maria Fortunato, la giovane orfanella che aveva deciso di prendersi in sposa, in combutta con il sacerdote Donato Mariano (vedi A.Bonatesta, Battaglie della memoria. La vicenda del monumento a Salvatore Trinchese in Martano, in «Amaltea», a.III, n.4, 2008, pp. 26-30). Dall’unione tra Paolo e Maria sarebbe comunque nata Giuseppina, successivamente andata in sposa al conte Carlo Gaetani di Castelmola, la cui casata incrociava così i suoi destini con quelli della principale città grika.
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Ringrazio pertanto la redazione di Corte Grande per aver accettato il progetto di pubblicare a gruppi l’insieme di questi 20 canti, per lo più dovuti all’ottuagenario cantore martanese, e rimasti per lo più esclusi dalla letteratura novecentesca sul tema. L’intento, infatti, non è quello di rivendicare primati di sterile ricerca filologica ma di rischiarare le nebbie in cui molto spesso pezzi della nostra più intima tradizione rischiano di rimanere obnubilati. Proprio per questo motivo, abbiamo scelto la via di Corte Grande, il giornale di tutti, e non quella di una nuova, angustissima, ripubblicazione.
Canto XLIII-b
Antonio Bonatesta