Bilal Jadu: “L’impegno politico e la quotidianità sono un binomio inscindibile per un giovane palestinese!”
Intervista al palestinese in visita a Carpignano Salentino in occasione dell’iniziativa di Maieutica e C.s.i.d.f. per la solidarietà con la lotta del popolo palestinese
Che cosa significa impegno politico per un giovane palestinese?
Finché ci sarà l’occupazione è naturale per ogni giovane palestinese impegnarsi in politica. La nostra quotidianità è la lotta per resistere e per combattere per la liberazione dei nostri territori. La condizione ambientale del nostro popolo spinge i nostri giovani alla politica.
Quali sono gli strumenti che utilizzate per raccogliere e fare informazione?
La rete, internet, è fondamentale come strumento di lotta politica. La nostra rete informatica è controllata dagli israeliani e malgrado ciò i compagni riescono a dribblare il controllo e favorire lo scambio di informazioni utili alla lotta politica.
Come hai visto le rivolte in nord africa di questi mesi?
Quelle rivolte sono una speranza anche per noi. Le rivoluzioni arabe sono importanti per tutti. Il 15 Maggio noi, coordinando tutti i giovani palestinesi dentro e fuori i confini, abbiamo tutti marciato per riavvicinarci per dimostrare agli israeliani che il popolo palestinese c’è ed è unito per un solo ed unico obbiettivo: liberare la Palestina.
Raccontaci del tuo impegno in Palestina.
La mia presenza in terra palestinese è un atto di lotta e di resistenza. Mi occupo di insegnare il folklore ai giovani per rafforzare il loro senso di appartenenza, la loro voglia di resistere e di lottare contro l’offensiva di ebraizzazione messa in atto dal governo Israeliano. Il mio compito è quello di ridurre l’abbandono della scuola da parte dei ragazzi palestinesi. Lottare non significa solo imbracciare un’arma, lottare e resistere è anche la conoscenza della nostra storia ed essere istruiti e scolarizzati.
Come valuti la risoluzione Unesco di questi ultimi giorni nei confronti della Palestina?
Da 63 anni l’Onu prende in giro i palestinesi. Noi non elemosiniamo a nessuno il nostro diritto ad esistere. Perché di questo si tratta, del nostro diritto ad esistere come popolo. La Palestina è dei palestinesi. Le comunità ebraiche esistevano già prima del 1948 e vivevano pacificamente nella nostra terra. Infatti, queste comunità non riconoscono lo stato di Israele e si riconoscono come palestinesi.
La politica di repressione israeliana che interpreta un diritto penale del nemico come viene vista dai giovani palestinesi?
La politica attuata da Israele è la medesima politica attuata dal nazismo in Germania nei confronti degli ebrei. Oggi noi siamo espropriati dei nostri territori e rinchiusi in un carcere a cielo aperto. La città di Qalqulya, per esempio, è totalmente rinchiusa tra le mura e c’è solo un’uscita.
Che cosa rappresenta il 15 Maggio per il popolo palestinese?
E’ il giorno della catastrofe. E’ il giorno dell’invasione. Per noi Palestinesi ogni giorno è una Nakba. Il 15 Maggio è il giorno della cacciata dei palestinesi dai propri territori. Il messaggio che mandiamo al governo sionista è che questi giovani sono capaci di muoversi per la liberazione della loro terra. L’esempio è rappresentato dalle manifestazioni che facciamo marciando verso i confini con la nostra terra. Il 15 Maggio dimostriamo che siamo un popolo unito malgradi i tentativi di liquidazione messi in atto dal governo Israeliano.
Abu Mazen come viene visto dai palestinesi?
E’ davvero sorprendente che vi sia Abu Mazen al potere in Palestina. Noi non lo conosciamo, non sappiamo chi è e la sua storia è sconosciuta al popolo. Durante il suo mandato la corruzione sta aumentando e il suo avallo al governo Israeliano non corrisponde alla nostra volontà. In realtà, Hamas ha vinto le elezioni in maniera legittima, ma non è stato consentito a loro di governare.
Che ne pensi dello scambio tra prigionieri che sta avvenendo in questi giorni?
Finalmente 1027 palestinesi rivedranno la libertà. Anni e anni di torture e isolamenti nelle strutture penitenziarie Israeliane non si possono dimenticare. Il rapporto è di un detenuto israeliano per 1027 palestinesi. Questo testimonia la lotta impari, ma non solo. Infatti, Shalit ha dichiarato di non essere stato maltrattato in questi anni di prigionia, mentre i palestinesi sono stati maltrattati e 800 tenuti in isolamento per 4 anni.
Fabio Tarantino