Cortili Aperti, Campagne Chiuse
Ricordo che, alcuni anni or sono, dalle colonne di un benemerito quanto compianto giornale di Martano e dell’area grika, ci fu chi osò addirittura definire gli amministratori del tempo come amministratori dell’effimero o, spingendosi ancora più in là con l’ardire, amministratori effimeri essi stessi. Questo episodio, destinato a creare non poco scalpore, ci pare oggi come un fulgido lampo di lungimiranza. Senza abbandonarci a inutili generalizzazioni dal retrogusto antipolitico, la poetica dell’effimero ci sembra però adattissima a questa pur meritoria edizione martanese di “Cortili Aperti, Campagne Chiuse”. Effimero, cioè di cosa che dura poco; si dice effimero un fiore che sboccia e appassisce in un solo giorno, o che non sboccia affatto, perché schiacciato dal pugno di cemento e silicio di qualche mega impianto fotovoltaico. Effimero, dunque, come la retorica di un portone aperto per un solo giorno che tristemente cerca di tamponare la realtà di un paesaggio agrario occupato, deturpato e militarizzato per tutto l’anno, per sempre. Effimero, come l’incoerenza, o come effimero è chi sottrae alle campagne il compito di creare il nostro pane quotidiano. Effimero, come il tentativo di tenere in piedi il turismo mettendo in bella mostra la saggezza, l’armonia e la bellezza dei nostri padri ma nascondendo con recinzioni e telecamere di sorveglianza il consumo di suolo e di identità di cui siamo oggi responsabili. Effimero, infine, come una sottocultura della periferia mentale e dell’esistere che, come non mai in questo caso, non conosce limiti o distinzioni politiche, ideologiche e amministrative di sorta. A tutti voi effimeri, o anche solo a chi sente di meritarsi questa appassionata definizione, a tutti voi, insomma, che ragionate nel breve periodo dell’effimero e immediato ritorno personale o di parte, un caro saluto dal 2022.
Antonio Bonatesta