Crolla un costone roccioso a Torre Sant’Andrea
La stradina che porta alla “Punta” non è più percorribile.
C’è un via vai di gente oggi a Sant’Andrea, nonostante la bella stagione non sia proprio alle porte.
Accorrono numerosi i martenesi, i borgagnesi, i carpignanesi. Tutti a soccorrere simbolicamente l’amata “seconda patria”. È l’affetto popolare quello che si manifesta, un affetto remoto di cui è intrisa la baia, ma che si rinnova sempre, in ogni occasione, in ogni stagione.
Sant’Andrea rappresenta lo sbocco al mare di queste popolazioni, lo sguardo lungo delle nostre genti, da sempre abituate a guardare il mondo attraverso quella striscia blu che attraversa l’Adriatico. Da lì sono sempre arrivati i pericoli, lì si sono sempre accomunati i popoli. Nelle invasioni di ieri e nelle crisi che investono il nostro tempo. Lì si abbracciano ancora oggi i pugliesi e i greci accomunati dall’austerità che l’Unione Europea ha imposto a queste civiltà, facendo tabula rasa, con le politiche liberiste, della solidarietà, del lavoro che faticosamente era diventato strumento di emancipazione.
Ed è sempre lì, in quella baia che anche in tempi remoti si è sempre cercato il sollievo dalle fatiche, il refrigerio durante le lunghe estati salentine. Erano gli anni 30 del Novecento, quando i pastori facevano il bagno con le loro pecore. Ma ritornando indietro nel tempo, è sempre lì che la popolazioni hanno trovato riparo dalla povertà, hanno trovato di che sopravvivere, le grotte che costituivano un’abitazione, vennero per l’appunto edificate “per procurare un ricovero agli uomini e agli animali nel tempo della pesca… costruite da molti anni ed in diverse epoche onde rendere più comoda la permanenza ai pescatori. Niuna delle grotte si addentra nel masso della torre”. Solo così, da questo legame inestricabile, si può comprendere l’apprensione che ha portato tante a persone a sfidare la brutta giornata per raggiungere la marina in un anonimo 13 di febbraio del 2013.
Ognuno ha voluto fare il suo personale sopralluogo, per vedere con i suoi occhi il danno che una mareggiata di scirocco aveva provocato nella notte. Ed in effetti la mareggiata scatenatasi ieri sera intorno alle 23.30 ha lasciato i suoi segni, facendo cadere un pezzo di costone. Per intenderci meglio è franato una parte del muretto che costeggia il mare lungo la stradina che porta alla “Punta”.
La causa di questo smottamento è dovuta ad un eccessivo appesantimento della roccia, che, zuppa d’acqua, ha ceduto facendo di conseguenza crollare il costone. A pomeriggio c’è stato anche il sopralluogo del sindaco Marco Potì, che insieme a Salvatore Petrachi, capo dell’ufficio tecnico e a Simone Dima assessore alle politiche giovanili del comune di Melendugno, sono intervenuti sul posto per valutare l’entità dell’accaduto e per valutare le misure da prendere per ripristinare rapidamente la normale funzionalità della stradina.
Le prime parole del sindaco sono proprio queste: “Non riesco a immaginare questa baia senza quella stradina, fa parte di un unicum che intendiamo preservare. Se non interveniamo immediatamente potrebbero esserci ulteriori danni nella zona adiacente, comprese le grotte. Pertanto faccio appello agli enti preposti a rilasciare la autorizzazioni a fare velocemente. Non c’è tempo da perdere, dobbiamo intervenire immediatamente. C’è un progetto del 2003 che all’epoca fu bloccato dagli ambientalisti, erano convinti che la natura dovesse fare il suo corso. Noi pensiamo, invece, che quel progetto sia ancora valido. Quindi, intendiamo dare immediata esecuzione. Dobbiamo assolutamente salvaguardare questo patrimonio”. Ebbene sì, bisogna fare davvero in fretta. Historia est magistra vitae .
A Sant’Andrea c’era una torre costruita nel 1568 dal capomastro Vittorio Renzio, “esponente di una folta e conosciuta famiglia di esperti costruttori e che nel 1578 fu armata con una bocca da fuoco detta mezzo falconetto lungo della lunghezza di circa 235 centimetri, pesando circa quattrocento chilogrammi e in grado di sparare palle di ferro del peso di un chilogrammo”. Di questa torre sono scomparsi ormai anche i ruderi che ne testimoniavano l’esistenza a pochi metri di distanza dalla torre semaforica.
Marco Termo