Il decreto-legge sui vaccini: abuso di potere, regresso nei diritti civili, insulto alla medicina e alla scienza
di MARCO MAMONE CAPRIA
La montagna di propaganda che si è riversata nell’ultimo anno sugli italiani per convincerli dell’esistenza di immaginarie emergenze sanitarie (come quella della meningite) era preparatoria a un decreto-legge antiscientifico, illiberale, anticostituzionale.
I principali media, anche stavolta, hanno tradito il pubblico concentrandosi sul falso scontro (un tipico esempio della tecnica di manipolazione detta “Good Cop-Bad Cop”) tra due signore non laureate ma misteriosamente poste a capo del ministero dell’Istruzione (Valeria Fedeli) e della Salute (Beatrice Lorenzin), e si sono ben guardati dall’entrare nel merito del colpo di mano che si stava in ogni caso preparando ai danni dei cittadini italiani.
Così il 19 maggio 2017 è stato approvato dal Consiglio dei Ministri un decreto-legge sui vaccini pediatrici. Il decreto non è ancora stato convertito in legge, e se non lo fosse entro 60 giorni dalla sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale (cosa, quest’ultima, non ancora avvenuta) decadrebbe in tutti i suoi effetti.
In base al “decreto vaccini”, diventano obbligatorie per i bambini da 0 a 16 anni ben 12 vaccinazioni, 8 in più rispetto a quelle che lo erano finora (anti-poliomielite, anti-difterite, anti-tetano, anti-epatite B). Le nuove vaccinazioni sono: anti-pertosse; anti Haemophilus influenzae tipo B; anti-meningococcica B; anti-meningococcica C; anti-morbillo; anti-rosolia; anti-parotite; anti-varicella.
I genitori che violano l’obbligo sono multati da 500 fino a 7500 euro, ogni anno, e sono segnalati al Tribunale dei Minorenni «per la sospensione della potestà genitoriale». Il bambino non vaccinato non può essere iscritto agli asili nido e alle scuole dell’infanzia pubbliche o private.
Non esistono in tutto il mondo altri paesi con un tale programma vaccinale, e neppure si può dire che “ce lo chiede l’Europa” visto che ben 15 paesi dell’Unione Europea non hanno nessun tipo di obbligo vaccinale (si tratta di Austria, Cipro, Danimarca, Estonia, Finlandia, Germania, Irlanda, Islanda, Lituania, Lussemburgo, Olanda, Norvegia, Portogallo, Spagna, Svezia e Regno Unito). In Svezia, solo pochi giorni prima, il 10 maggio, il parlamento aveva respinto sette proposte di legge che introducevano l’obbligo vaccinale: le aveva respinte perché anticostituzionali e rifiutate da una gran parte dei cittadini, per l’uso come additivi nei vaccini di sostanze pericolose, e per le «frequenti reazioni avverse» che provocano.
È un decreto che prepara un esperimento di massa sui bambini italiani, con il fanatismo di una classe di governo che non si preoccupa di altro se non, come vedremo, degli accordi contrattuali con soggetti industriali.
È un decreto in palese contraddizione con la Convenzione di Oviedo sul consenso informato, con la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, e con il Principio di precauzione, che è uno dei pilastri della legislazione europea in materia di gestione dei rischi.
In breve: è un sopruso.
Il sofisma della «massima copertura vaccinale»
Di fronte a questo sopruso, alcuni hanno pensato di assumere una posizione apparentemente “equidistante”, e aggirare la controversia concentrandosi su come “garantire la massima copertura vaccinale”, cioè se con le “buone” – raccomandazione e accompagnamento – o con le “cattive” – obbligo e sanzioni. È un altro esempio della tecnica di persuasione citata sopra, e serve a impedire che si consideri il vero nodo della questione, che non riguarda i vaccini in generale e la loro complicata storia e geografia di successi e fallimenti, ma la richiesta di risposte precise alle domande sulle basi di evidenza del programma vaccinale proposto per l’Italia di oggi.
Diciamolo chiaramente e una volta per tutte: è assurdo, anche sul piano della più basilare razionalità pratica, essere in generale «per la massima copertura vaccinale» – a meno che, beninteso, uno i vaccini li venda o sia legato a chi lo fa. Si dovrebbe essere invece per la massima protezione della salute dei cittadini. Ma che un certo programma vaccinale sia capace di assicurarla è tutto da vedere, e bisogna prima stabilire, a un tavolo di lavoro a cui partecipino tutti i soggetti interessati:
– per quali malattie?;
– con quali vaccini?;
– a chi e con quali tempi di somministrazione?;
– in quale contesto igienico-sanitario ed epidemiologico?;
– con quali precauzioni per evitare danni irreversibili a una minoranza di bambini che, prima della vaccinazione, erano sani?;
– con quali sistemi di valutazione prima, e di vigilanza poi, circa la reale protezione offerta e le possibili reazioni avverse?;
– rispetto a quali alternative, comprese le strategie, individuali e collettive, tuttora comunemente applicate con successo per circoscrivere i focolai di infezione e la possibilità di investimenti in diverse e più urgenti finalità sanitarie?
In breve: il vaccino è uno strumento, non un fine. Questo è il principio che dovrebbe essere alla base di ogni considerazione sui programmi vaccinali, sia in contesti scientifici che in contesti politici. Il vaccino trattato come un tabù religioso non ha invece niente a che fare né con la scienza né con una politica sanitaria razionale.
Uno degli argomenti più comuni e al tempo stesso risibili a favore dell’obbligo vaccinale è quello che lo paragona all’obbligo di portare il casco quando si va in ciclomotore. Per capire perché è un argomento che presuppone quello che deve dimostrare, basta chiedersi: dato che ogni tanto qualche bambino o ragazzo di scuola dell’obbligo si ferisce, anche gravemente, alla testa durante l’orario di lezione, dovremmo imporre l’obbligo di portare il casco a scuola? Va detto che, al contrario dei vaccini, nessun casco indossato in classe trasformerebbe mai alcun bambino sano in un disabile a vita. Ma, anche se non ci fosse questa importantissima differenza, ognuno capisce che prima di introdurre l’“obbligo del casco” ne andrebbero accuratamente pesati, in un libero e pubblico dibattito, vantaggi e svantaggi. Ed è questo che nel caso del decreto non è stato fatto.
Emergenze sanitarie finte e autentiche
L’argomento del casco, benché inconcludente, ha il merito di farci riflettere su un’altra questione: quella dell’ipocrisia dei personaggi istituzionali che pretendono di spacciare l’obbligo vaccinale come una priorità per la “salute dei bambini”.
Ipocrisia – perché è un dato di fatto, mai citato in questo contesto, che la sicurezza delle nostre scuole è drammaticamente inadeguata: quasi il 90% non è costruito secondo criteri antisismici e «soltanto una scuola su due ha certificati di collaudo e idoneità statica»; inoltre la maggior parte delle scuole costruite negli anni Sessanta e Settanta hanno utilizzato amianto, e le bonifiche (anche quelle dichiarate “urgenti” dai periti) non sono mai state eseguite. E non stiamo parlando di “possibili” rischi: ogni tanto ci sono crolli durante le lezioni e studenti feriti o addirittura uccisi dalle macerie – sono notizie che non interessano però né i nostri governanti né, se non per un brevissimo lasso di tempo, i media ufficiali.
In questo contesto, ricordando che il nostro paese ha subito solo un anno fa un catastrofico terremoto, non si può non sottolineare il cinismo con cui il Governo ha lasciato per mesi nei disagi migliaia di cittadini ad Amatrice e dintorni mentre stanziava 733 milioni di euro per il programma vaccinale. Ecco la testimonianza di una signora sfollata, appena due mesi fa:
«Siamo stanchi, bisogna dirlo, 7 mesi per consegnare queste case, che case non sono. Nessuno ascolta i cittadini. […] Qui ad Amatrice, come in tutto il cratere, non è stato fatto nulla. Si parla di ricostruzione e devono ancora rimuovere le macerie dalle zone rosse».
Come si può prendere sul serio l’interesse per la “salute dei bambini” di una classe dirigente che fa rischiare ogni giorno l’incolumità a milioni di bambini e ragazzi in età scolare, e che nega l’essenziale a famiglie che hanno perso tutto in un terremoto?
Nessuna delle occasionali e limitate recrudescenze di malattie come morbillo e orecchioni in Italia ha fatto nel 2016, e ad oggi, un solo morto. Per focalizzarci sul morbillo, dall’inizio del 2013 alla fine del 2016 sono stati segnalati in Italia (su una popolazione di circa 60,5 milioni di abitanti), complessivamente, 5.074 casi (di cui solo 3070 confermati in laboratorio): 2.258 nel 2013, 1.696 nel 2014, 258 nel 2015, 862 nel 2016. Nel 2017, fino al 21 maggio, ci sono stati 2.581 casi, il 66% dei quali senza alcuna complicanza (e la complicanza di gran lunga più comune è stata la diarrea). Dopo il picco nel mese di marzo (863 casi) l’epidemia è ora in netta diminuzione. Tanto per avere un termine di paragone, nel 2008 ci sono stati 5.312 casi, e nel 1996 ce ne erano stati addirittura 32.596, senza che i media pensassero che fosse una buona idea drammatizzare e occuparsi ossessivamente della questione.
Ora, nemmeno in un momento di delirio propagandistico si potrebbe considerare “emergenza” la situazione attuale, e lo stesso presidente del consiglio Gentiloni, nella conferenza stampa in cui è stato annunciato il decreto vaccini, ha ammesso che al momento si può parlare al più di “difficoltà” e non di “emergenze”. Questo essenziale distinguo implica, peraltro, che l’emanazione del decreto configura un abuso di potere da parte del governo in carica per uso ingiustificato del dispositivo del decreto-legge, oltre che per usurpazione di competenze ai danni delle regioni.
Ma se morbillo, orecchioni, meningite ecc. non sono emergenze sanitarie, ciò non vuol dire che in Italia non esistano autentiche emergenze sanitarie, che fanno strage di cittadini di ogni età: e quando dico “strage di cittadini” non sto ingigantendo a scopo propagandistico una manciata di casi sporadici, eventuali o in corso di accertamento – come si fa regolarmente con i morti, veri o presunti, di malattie “vaccinabili”. No, intendo decine di migliaia di vittime ogni anno, provocate dal ripetuto sforamento nelle nostre città delle soglie ammesse dall’OMS per la concentrazione di sostanze tossiche e cancerogene nell’aria che respiriamo tutti: adulti e bambini. In Italia si stimano circa 70.000 morti all’anno causate dall’inquinamento urbano, e non sono dati ufficiosi, ma ufficiali: e così ufficiali che la Commissione Europea ha aperto dal 2014 procedure d’infrazione contro il nostro paese a tale riguardo, e proprio lo scorso aprile ha inviato un “richiamo”, con rischio di deferimento alla Corte di Giustizia europea.
Di fronte a un’autentica emergenza sanitaria come questa, di cui quasi mai il comune cittadino sente parlare in televisione, benché incomba costantemente sulle vite degli italiani e minacci anche le tasche di tutti nella forma di pesantissime multe da parte dell’UE, il Governo ha pensato invece che fosse una priorità rendere obbligatoria la vaccinazione antimorbillo – perché in un caso ogni 4000-8000 (ammesso e non concesso che queste stime probabilistiche siano applicabili all’Italia di oggi) ci potrebbe essere un danno neurologico permanente, e un decesso per «poco meno di un bambino ogni mille bambini ammalati». Come definire ciò se non la prova definitiva del disprezzo del Governo verso gli italiani e l’indizio, che vedremo ampiamente confermato, che esso sta perseguendo obiettivi estranei alla tutela della salute dei cittadini?
Segnalazioni di «sospette reazioni avverse»
Ci possono essere varie ragioni per opporsi a una vaccinazione. Per esempio si può rifiutare il modo in cui alcuni vaccini sono prodotti: coltivandoli su reni di scimmie, o su cellule di feti abortiti. Si tratta di ragioni che si sbaglierebbe a minimizzare e che meriterebbero una discussione pubblica e onesta.
Tuttavia la ragione principale della pur sempre molto minoritaria riluttanza a vaccinare i propri figli è la preoccupazione per le reazioni avverse che essi possono provocare, sia da soli sia nelle combinazioni in cui sono somministrati. Alla base di questo timore non c’è però la disinformazione, come si cerca affannosamente di far credere, ma il suo contrario: l’informazione, purtroppo non così diffusa, nonostante Internet, come sarebbe bene che fosse. La consultazione, ad esempio, del libro del Dr. Buchwald sulle vaccinazioni è consigliabile a chi voglia sapere di più in maniera concreta e non ideologica circa i presunti meriti storici delle campagne vaccinali e i danni da vaccino.
Una strategia dei negazionisti che dimostra come il partito preso faccia perdere la lucidità è il far riferimento automaticamente, nel parlare dei danni da vaccino, all’ipotesi del legame tra un certo vaccino trivalente e i disturbi dello spettro autistico. Ora, anche ammettendo che, nel complesso, gli studi successivi alla iniziale, estremamente cauta formulazione di questa ipotesi da parte di Wakefield e dodici suoi collaboratori non l’abbiano confermata (una questione che chi sa di che cosa si sta parlando capirà essere molto più complicata di quello che pare a chi non lo sa), non ne seguirebbe certamente che i vaccini non provocano gravi reazioni avverse. Anche questo è un usurato trucco innumerevoli volte utilizzato in relazione alla tossicità di agenti chimici e fisici: si concentra tutta l’attenzione sulla possibilità che un certo agente sia cancerogeno, e quando uno studio a mala pena suggerisce che possa non esserlo ecco che lo si sente citare trionfalmente come prova che quell’agente è innocuo. Nel caso dell’antipolio, per citare un solo esempio, si sa bene che la vaccinazione può, in certi soggetti, causare la malattia che dovrebbe prevenire, e che nei paesi occidentali questa è praticamente la sola origine di casi di poliomielite da decenni. Quindi anche se i vaccini non provocano autismo, questo non mette la parola fine sulla questione della loro innocuità.
È un fatto che diversi vaccini contengono sostanze molto poco rassicuranti soprattutto se si pensa che devono essere iniettate, e tra queste ci sono cancerogeni ufficialmente riconosciuti come tali dalla OMS (alluminio, formaldeide, etanolo).
E come viene controllata la sicurezza dei vaccini? Anch’essi passano per una fase preclinica (di solito svolta in laboratori privati e della durata di 1-2 anni) in cui sono previsti esperimenti su animali come topi e scimmie per valutare la sicurezza e la capacità di produzione di anticorpi, e anche per stabilire la dose da somministrare ai volontari sani della prima fase clinica. Quindi anche le politiche vaccinali risentono dei vizi metodologici della vivisezione, a partire dal difetto di riproducibilità e dall’ormai risaputa impossibilità di estrapolare affidabilmente i dati da una specie all’altra.
Il passaggio successivo attraverso le tre fasi cliniche è gestito dall’industria che ha sviluppato il vaccino, e questo introduce un evidente elemento di distorsione e di opacità nella documentazione che verrà poi sottoposta alle agenzie regolatorie per l’approvazione e la commercializzazione. (Ne vedremo un esempio nella prossima sezione). Il generale e giustificato declino della credibilità di questo sistema, in seguito ai suoi tanti, drammatici fallimenti [19], ha contribuito a diminuire anche, come c’era da aspettarsi, il grado di adesione dei cittadini all’assunzione del prodotto finale “a scopo preventivo”.
Ma le reazioni avverse sono un’invenzione dei nemici della medicina e della scienza? Ovviamente no, ed è per questo che le autorità sanitarie raccolgono le segnalazioni di complicanze successive alla vaccinazione (mentre non raccolgono, per esempio, le segnalazioni di avvistamento di fantasmi). È generalmente riconosciuto che le «segnalazioni di sospette reazioni avverse» pervenute alle autorità sanitarie sono solo una piccola minoranza di quelle reali, e si stima che il loro numero sia inferiore a quello vero per almeno un fattore 10 e probabilmente per più d’uno. Questo non riguarda solo l’Italia, ma ogni sistema di vaccinovigilanza affidato essenzialmente alle segnalazioni spontanee dei medici e alla raccolta dati da parte della stessa industria che produce i vaccini. Se si aggiunge che ci sono incentivi per i medici che vaccinano, e rischi di procedure disciplinari per quelli che facessero “troppe” segnalazioni, si capisce che il sistema è perfettamente calibrato per sottovalutare il rischio.
Nondimeno, anche secondo le statistiche ufficiali, le segnalazioni, che nel 2003 in Italia erano state 740, sono aumentate nel 2015 di un ordine di grandezza. Questi sono i numeri delle segnalazioni, non aggiornati, per gli ultimi anni:
2011: 2.430 di cui «gravi» 265
2012: 2.555 di cui «gravi» 329
2013: 3.727 di cui «gravi» 433
Nel rapporto AIFA relativo al 2013 (e pubblicato nel 2015) si aggiornano i dati per il 2011 aggiungendo 795 segnalazioni per il 2011 e 313 per il 2012, senza la specificazione della loro gravità. Per gli anni successivi sono emersi i seguenti dati:
2014: 8.182
2015: 7.892
Sono numeri che dovrebbero, per legge, essere analizzati e pubblicati dettagliatamente ogni anno a cura dell’AIFA in uno specifico rapporto. Per ragioni poco chiare, l’ultimo rapporto annuale dell’AIFA sui vaccini riguarda il 2013: l’associazione CODACONS ha diffidato proprio in questi ultimi giorni il ministero della Salute a cessare questa segretazione illegittima. In una conferenza stampa tenuta il 30 maggio 2017 ha comunicato di aver ricevuto i dati richiesti e li ha così sintetizzati:
«Sono 21.658 le segnalazioni di sospette reazioni avverse ai vaccini registrate nel triennio 2014-2016. Nello stesso periodo ammontano invece a 3.351 quelle relative unicamente al vaccino esavalente. E si segnalano 5 casi di gravi effetti che avrebbero portato al decesso degli assistiti».
Comunque se consideriamo che il numero vero delle reazioni avverse ai vaccini nel 2015, per esempio, potrebbe essere circa 75.000 o anche molto di più, e se supponiamo che la proporzione di quelle gravi sia la stessa che appare nelle cifre ufficiali, ecco che ogni compiacenza sulla presunta “rarità” delle reazioni avverse cessa di avere qualsiasi plausibilità.
Il negazionismo del danno vaccinale
La puntata di Report di RAI 3 del 17 aprile 2017 ha suscitato un’ondata di proteste proprio, come ci si poteva aspettare, a causa dei suoi meriti: ha infatti informato i cittadini dell’esistenza di eminenti scienziati che considerano fraudolenti i dati sulla sicurezza del vaccino anti-HPV (non incluso nella lista del decreto vaccini), e inaffidabile l’EMA (Agenzia Europea dei Medicinali) che li ha accettati. Inoltre ha documentato l’enorme difficoltà e i ritardi di anni che le ragazze danneggiate incontrano per farsi riconoscere ufficialmente da un medico ciò che è loro accaduto.
Il negazionismo del danno vaccinale è una sottospecie del negazionismo del danno industriale che ha segnato luttuosamente la storia del Novecento fino ai nostri giorni. Una cultura medica in cui esso prevale non può che rendere difficile la notifica delle reazioni avverse ai vaccini. Quando si legge nel “Documento sui vaccini” della FNOMCeO che i vaccini sarebbero «prodotti secondo la più rigorosa metodologia, attraverso studi clinici sperimentali controllati e randomizzati, attuati spesso in doppio cieco versus placebo e sottoposti al controllo incrociato di esperti» si vede come anche questa forma di negazionismo abolisce il confine tra fantasia e realtà: in effetti «[m]ancano gli studi randomizzati in doppio cieco per i singoli vaccini e mancano per le combinazioni e di vaccini (trivalente, esavalente)», come ha sottolineato l’infettivologo Fabio Franchi.
Ben pochi dei personaggi che abbiamo visto difendere a spada tratta i vaccini “senza se e senza ma” godono della credibilità e autorevolezza di Peter Gøtzsche, il direttore del Nordic Cochrane Center, uno dei massimi esperti mondiali in materia di sicurezza di farmaci, di screening sanitari e di integrità della ricerca, intervistato appunto da Report. Gøtzsche, che ha pubblicato un libro sulla corruzione della ricerca medica operata dalle industrie farmaceutiche (libro premiato dalla British Medical Association), ha denunciato all’Unione Europea la transnazionale farmaceutica Sanofi-Pasteur per «frode» nella comunicazione delle reazioni avverse al vaccino anti-HPV, e l’EMA per essersi fidata acriticamente dei dati fasulli forniti dall’industria farmaceutica e per mancanza di trasparenza. In particolare ha sottolineato durante l’intervista:
«Negli studi di controllo con il placebo, invece di usare una sostanza inerte come acqua salina, hanno iniettato spesso alluminio, che è presente nel vaccino come adiuvante, o addirittura un altro vaccino, quello dell’epatite. Non è più un placebo! Non si distingue dal farmaco, potrebbe causare le stesse reazioni avverse e quindi i dati ottenuti non sono attendibili».
Anche chi fosse del tutto nuovo alla questione capirebbe che questa è una truffa, avvenuta con la complicità di industria e EMA, e che senza la denuncia dello scienziato danese non sarebbe mai stata scoperta. Ma l’aspetto più interessante di questo episodio, e che si applica a tutte le prove cliniche analoghe, è che i dati sulla cui base l’EMA decide se approvare o no un vaccino sono forniti dall’industria stessa che intende farselo approvare e metterlo in commercio. Non basta: l’EMA stessa è finanziata per l’83% dalle industrie farmaceutiche. Insomma, è molto, molto peggio che stabilire se il vino sia di buona qualità facendoselo dire dall’oste. Nel reclamo del Nordic Cochrane Center si critica il perverso e illegale paternalismo a proposito dei vaccini, e cioè:
il prevalente presupposto, a quanto pare anche presso l’EMA, che il vaccino è così importante per la salute pubblica che è giustificato non comunicare al pubblico 1) che ci sono incertezze circa la sicurezza del vaccino; 2) che non ci si può fidare delle industrie farmaceutiche; 3) che è erroneo mettere insieme risultati ottenuti con un placebo genuino e con un placebo potenzialmente neurotossico.
Inoltre i lavori dei gruppi che all’interno dell’EMA devono decidere dell’approvazione dei vaccini sono avvolti nella più stretta segretezza:
[…] i membri del Gruppo di consulenti scientifici (SAG) sono vincolati a vita da una clausola di segretezza che impedisce loro di discutere in pubblico i punti in cui non vanno d’accordo. L’EMA mantiene il segreto su chi siano e quali conflitti di interesse abbiano.
Un politico o uno scienziato che chiede ai cittadini di fidarsi di questo sistema, già mille volte dimostratosi fallace, immerso nei conflitti di interesse, e denunciato ripetutamente da scienziati di indiscutibile competenza, semplicemente non merita la loro fiducia – e se crede davvero in quello che dice, nemmeno la loro stima sul piano intellettuale.
Indennizzi
In Italia il negazionismo del danno vaccinale si scontra con l’esistenza di due leggi specifiche: la 210/1992,“Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni”, e la 229/2005, “Disposizioni in materia di indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie”. Sono leggi che hanno concesso un modesto sollievo economico a una minoranza di famiglie devastate da malattie invalidanti che avevano colpito bambini sani fino al momento della vaccinazione obbligatoria.
Va notato che, a parte la certezza di un grandissimo numero di dosi acquistate ogni anno dai governi, un’altra ragione per cui i vaccini sono, da almeno una trentina d’anni, un affare per l’industria farmaceutica, è appunto che a risarcire gli eventuali danni non sono le industrie, ma i governi (e quindi, in ultima analisi, i contribuenti): si tratta di un regime di immunità legale che non esiste per nessun altro tipo di produzione industriale, e che crea una malsana collusione tra industria, governi e scienza ufficiale nell’occultamento e nella negazione dei danni causati dai vaccini.
Bisogna però, a scanso di equivoci, aggiungere che il ministero della Salute non concede affatto facilmente i risarcimenti, e fa del suo meglio per ritardarli, ricorrendo contro le sentenze che li assegnano e arrivando fino in cassazione. Non si tratta di piccoli ritardi, se tali possono mai essere quelli che aggravano la condizione di una famiglia colpita da un tale dramma. In un caso, il risarcimento per «encefalopatia epilettica con grave ritardo psicomotorio e del linguaggio con sindrome autistica» è stato dato trentasei anni dopo l’accaduto. In un altro, due bambini ammalatisi di poliomielite dopo vaccinazione Salk sono stati risarciti quasi sessant’anni dopo l’accaduto. È questo lo Stato che adesso vorrebbe la fiducia dei cittadini nel momento in cui rende più coercitivo l’obbligo vaccinale, e per giunta triplica le vaccinazioni obbligatorie.
Responsabilità genitoriale
La storia della normativa sulle vaccinazioni in Italia ha avuto un suo punto alto il 26 gennaio 1999, quando è stato firmato dal Presidente della Repubblica il decreto che aboliva l’obbligo di vaccinazione per la frequenza nelle scuole di ogni ordine e grado, con la pubblicazione del DPR n. 355. La già citata rubrica televisiva Report dedicò il 15 ottobre 1998 a questo evento annunciato un’ottima puntata, “Il virus dell’obbligo”, dove si trattava di casi di gravi reazioni avverse alle vaccinazioni obbligatorie, e si mostrava attraverso esempi quanto poco fossero informati i genitori al momento di sottoscrivere in ambulatorio la liberatoria per la vaccinazione dei figli.
L’attuale decreto-legge rappresenta un netto peggioramento rispetto a vent’anni fa per molti aspetti. Uno, e non il meno importante, riguarda appunto la responsabilità genitoriale.
Si consideri l’articolo che afferma:
Il genitore o l’esercente la potestà genitoriale sul minore che violi l’obbligo di vaccinazione è segnalato dalla ASL al Tribunale dei Minorenni per la sospensione della potestà genitoriale.
Lasciamo perdere il difetto di formulazione, in quanto la potestà, o la responsabilità genitoriale, appartiene tipicamente a due persone, non a una sola. Ma l’idea che genitori i quali si sono documentati e hanno cercato di decidere consapevolmente debbano essere considerati come “meno” responsabili di chi ha invece firmato liberatorie senza porsi problemi è palesemente assurda. Piuttosto, andrebbe rovesciata: dovrebbe cioè essere considerato un grave indizio di irresponsabilità genitoriale il portare un bambino di pochi mesi a vaccinarsi senza sapere nemmeno contro che cosa, e firmare la liberatoria senza aver letto e compreso il foglietto illustrativo che il produttore è obbligato dalla legge ad allegare alla confezione. Se ci sono genitori da segnalare al Tribunale dei Minorenni, dovrebbero essere questi.
Su tale punto importantissimo la propaganda dei media filogovernativi cerca colpevolmente di sorvolare. E allora riformuliamolo per maggiore chiarezza. Un cittadino che assume un qualsiasi medicinale per un disturbo di cui soffre senza leggere il foglietto illustrativo va considerato un analfabeta funzionale oppure un incosciente, non certo un modello da portare ad esempio. Perché mai dovremmo invece lodare chi, avendo la responsabilità di un minore, manca di usare questa minima cautela a proposito dei trattamenti medici a cui lo sottopone così precocemente e senza una impellente necessità medica?
Ma c’è di più. È sacrosanto, non semplicemente ammissibile, che un genitore pretenda che si faccia un test con buon valore predittivo che accerti l’eventuale suscettibilità di suo figlio agli effetti avversi più gravi del vaccino, almeno quelli citati nel foglietto illustrativo. Lo ha riconosciuto la stessa Corte Costituzionale con la sentenza n. 258 del 20-23 giugno 1994, che dichiarava come fosse necessario porre in essere una complessa ed articolata normativa di carattere tecnico […] che, alla luce delle conoscenze scientifiche acquisite, individuasse con la maggiore precisione possibile le complicanze potenzialmente derivabili dalla vaccinazione […]
Ora se test di questo tipo non si eseguono – ed è un fatto che in Italia non li si esegue e mai li si è eseguiti – il genitore responsabile dovrebbe avere quanto meno l’opzione di rifiutare, in un contesto epidemiologico come quello dell’Italia di oggi, il rischio di trasformare un bambino sano in un malato a vita (o in un cadavere). In questa opzione non c’è niente di antiscientifico: perché la scienza, oltre a quanto già visto sulla composizione e fabbricazione dei vaccini, ci dice, per esempio, che:
– in molti vaccini si trovano nanoparticelle di metalli (tra cui piombo, mercurio e alluminio) e altre sostanze estranee;
– in molti vaccini, e in particolare nello MMR, è stato trovato un pesticida come il glifosato («Most disturbing is the presence of glyphosate in many popular vaccines including the measles, mumps and rubella (MMR) vaccine, which we have verified here for the first time»);
– è stata notata la correlazione tra numero di dosi vaccinali e a) tasso di mortalità infantile nei vari paesi, e b) diabete di tipo 1, sindrome metabolica e malattie mediate da reazioni immunitarie.
Ce n’è più che abbastanza per ripensare tutti i programmi vaccinali che non rispondano a emergenze, ma si pongano solo obiettivi sperimentali di “eradicazione” di questa o quella malattia in contesti in cui essa non è realmente pericolosa, e in cui è per giunta legittimo dubitare se, con la tecnologia vaccinale attuale, ci si possa mai arrivare.
Per finire l’analisi di come il decreto si pone nei riguardi delle famiglie, consideriamo «la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 500,00 a euro 7.500,00», irrogata dalle Aziende Sanitarie.
È evidente che solo chi può permettersi di pagare (annualmente!) questa cifra potrà liberamente decidere se e quali vaccini far praticare ai suoi figli. Ma, gli altri, a che cosa saranno costretti? Non avendo il denaro per le multe dovranno ridursi a firmare un falso atto di consenso informato? Questa è non solo una normativa classista: è una normativa criminogena, che umilia i genitori e, come è stato subito notato dal Movimento Italiano Genitori, mina l’istituzione familiare nel suo complesso – ne tengano conto tutti coloro che si preoccupano per il progressivo indebolimento di questa.
Una battaglia contro una politica sanitaria corrotta dall’affarismo
Che questo decreto sia uscito da questo governo non è casuale. È dal 2014 che il PD (Partito Democratico) ha stretto legami e preso impegni con l’industria farmaceutica in modi che spiegano largamente il fanatismo dei suoi governi nella promozione delle vaccinazioni. Complottismo? No, le prove di questi legami non sono né ipotetiche né segrete, ma verificabili e aperte a chiunque si prenda la briga di leggere i giornali.
Nell’aprile 2016 la GlaxoSmithKline (GSK) ha deciso di investire un altro miliardo di euro nel nostro paese per il quadriennio successivo incrementando le proprie attività [a] partire da quelle del polo toscano dei vaccini di Siena e di Rosia, il cuore rispettivamente della R&S [= Ricerca e Sviluppo] e della produzione di settore, dopo il mega scambio di attività (vaccini contro oncologia) con Novartis perfezionato l’anno scorso. Non a caso proprio ai vaccini, col business strategico anti meningite, sarà riservato il 60% degli investimenti (600 mln), contro il 40% dedicato al pharma tradizionale.
Chi è la GSK? È la maggiore transnazionale britannica del farmaco, attualmente al primo posto proprio nel settore vaccini:
Leader mondiale nei vaccini con 3,7 miliardi di sterline di fatturato su 23,9 totali, è da questo settore (profittevole in due casi su 10 nel mondo) che la multinazionale britannica si aspetta una autentica escalation nei prossimi anni. Fino ad arrivare a 6 miliardi di sterline entro il 2020.
Sono cifre che, tra l’altro, permettono di fare giustizia della leggenda diffusa ad arte, secondo cui lo sviluppo e produzione di vaccini sarebbe un’attività poco lucrativa che, come tale, mostrerebbe l’indole altruista e caritatevole dell’industria farmaceutica.
Nel maggio 2014 a Bari l’allora presidente del Consiglio, Matteo Renzi, aveva fatto questa promessa alla Merck Serono:
“È importante – ha aggiunto – che siano chiare le regole del gioco, che non si cambi sulla base delle ultime impressioni nate da un articolo di giornale”, ha proseguito Renzi, che ha detto rivolgendosi a Karl Ludwig Kley, chairman executive board dell’azienda farmaceutica: “Noi vi garantiamo un progetto di lungo-medio periodo, invitiamo le università, le imprese a investire i territori a credere nel settore farmaceutico perché il made in Italy non deve significare solo food e fashion ma anche settore farmaceutico”.
Nel settembre l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) annunciava trionfalmente:
L’Italia guiderà nei prossimi cinque anni le strategie e le campagne vaccinali nel mondo. È quanto deciso al Global Health Security Agenda che si è svolto venerdì scorso alla Casa Bianca. Il nostro Paese, rappresentato dal ministro della Salute Beatrice Lorenzin, accompagnata dal presidente dell’Agenzia Italiana del Farmaco Sergio Pecorelli, ha ricevuto l’incarico dal Summit di 40 Paesi cui intervenuto anche il presidente Usa Barack Obama.
Nel mese di ottobre dello stesso anno Renzi invita a Palazzo Chigi, per la prima volta nella storia repubblicana, i rappresentanti di dieci transnazionali del farmaco:
Certo è che la presenza a palazzo Chigi dei Ceo di Bayer, Bristol-Myers Squibb, Eli Lilly, GlaxoSmithKline, Johnson & Johnson, Merck Serono, Novartis e Roche, insieme a due delle italiane ben radicate all’estero, non è stato un evento di secondo piano. “Per la prima volta un primo ministro italiano incontra un gruppo di Ceo mondiali dello stesso settore, gliene va dato atto. Per noi questo è un segnale molto positivo e anche una dimostrazione di fiducia nel nostro Paese”, ha commentato [Massimo] Scaccabarozzi [presidente di Federfarma]. Ora, è chiaro, si attendono i fatti da parte del Governo. Chissà se già con la prossima legge di Stabilità. La presenza di altri ministri accanto a Renzi, – da Pier Carlo Padoan (Economia) a Beatrice Lorenzin (Salute) fino a Federica Guidi (Sviluppo) – è di sicuro un segnale in più di attenzione verso le industrie.
Purtroppo con questa classe di governo non c’è da stupirsi se si vedono i suoi membri disponibili, in cambio della partecipazione a giri di affari miliardari, a calpestare i diritti più consolidati, a invertire l’ordine delle priorità sanitarie, e a fare del proprio paese un enorme laboratorio a cielo aperto che trasforma i suoi abitanti, in particolare i più indifesi, in cavie.
Il caso della ministra della Salute merita particolare attenzione. Eletta con Forza Italia, la Lorenzin è stata messa a partire dal 2013 in un ministero chiave da ben tre presidenti del Consiglio del PD in successione: Enrico Letta, Matteo Renzi e Paolo Gentiloni (un’ottima prova di quella sovrapponibilità tra PD e PDL tante volte denunciata dal M5S). Pur avendo infarcito di appelli alla “scienza” e di condanne degli atteggiamenti “antiscientifici” i suoi discorsi sui vaccini, la ministra non solo non è laureata in nessuna disciplina scientifica, ma ha solo un diploma di maturità classica. Il che non le ha impedito di impegnarsi nell’oscurantista boicottaggio del documentario Vaxxed, dedicato al caso di Andrew Wakefield (ignobilmente trattato dal direttore di Lancet, dalla stampa e dall’ordine dei medici britannico), e alla frode, questa sì autentica e confessata da uno degli scienziati coinvolti, commessa dai CDC statunitensi in relazione ai dati ufficiali sulla connessione tra vaccini e autismo.
Ma la mancanza di autorevolezza della ministra non si limita al piano culturale. Già Report nel 2013 aveva mostrato la cinica disinvoltura con cui la neo-ministra negava valore scientifico ai dati sull’aumento dei tumori nella “Terra dei Fuochi” e faceva vagamente riferimento a spiegazioni in termini di «stili di vita» [41]. Del tutto coerente con questo atteggiamento e con la successiva politica vaccinale, è la nomina all’inizio del 2016, all’ufficio di rappresentanza per la tutela della nostra salute alimentare e di quella animale presso l’Unione Europea, del Dr. Pasqualino Rossi, che era stato arrestato nel 2008 per aver fornito «informazioni riservate e addirittura la password dei terminali dell’Agenzia europea a Matteo Mantovani, il manager che curava gli interessi delle case farmaceutiche», in cambio di denaro e regali vari (dopo sette anni il Rossi è stato salvato dalla prescrizione). È lo stesso dottore a cui si deve se, al contrario che in altri paesi europei, la nimesulide (Aulin) in Italia non è stata ritirata dal commercio. Il giudice Guariniello, nell’ordinanza di 400 pagine che accompagnava il mandato di arresto, sintetizzava: «Da quanto emerso, si registra una totale assenza nel Rossi dell’interesse per la tutela della salute pubblica».
In un paese normale quest’ultimo episodio, presentato ai cittadini italiani in due puntate di Report sarebbe stato sufficiente per esigere le dimissioni immediate del ministro. Nel nostro, invece, non ha impedito nemmeno la seconda conferma della Lorenzin allo stesso posto nel nuovo governo Gentiloni (dicembre 2016). Il M5S, che in tanti altri casi aveva chiesto con insistenza le dimissioni di un ministro, compresa la stessa Lorenzin, per ragioni nettamente meno gravi, in questo caso non l’ha fatto, ma nell’ottobre 2016 (con Piernicola Pedicini) e nell’aprile di quest’anno (con Dalila Nesci) si è limitato a chiedere che Rossi fosse sostituito. È del M5S che adesso dobbiamo parlare.
Il Movimento 5 Stelle e la democrazia partecipativa
Il M5S ha pubblicato il 20 maggio un documento senza firme individuali in cui dichiara fin dal titolo di essere «per la massima copertura vaccinale». Vi si legge:
Noi siamo favorevoli all’obbligatorietà dei quattro vaccini che oggi, per legge, sono già obbligatori, e siamo anche favorevoli all’introduzione di misure di obbligatorietà per vaccini che proteggono da malattie per le quali esiste una reale emergenza epidemica (come esiste al momento per il morbillo).
Ora, come abbiamo visto, non esiste «una reale emergenza epidemica» per il morbillo. E nemmeno i quattro vaccini obbligatori riguardano malattie per le quali ci siano “emergenze epidemiche”. Chi ha scritto questa frase, oltre a far propria la scelta odiosa di supportare un ritorno alla coercizione vaccinale, ha quindi detto il falso. Nel comunicato non c’è nemmeno una parola sull’importanza di una prolungata vaccinovigilanza attiva e trasparente come precondizione necessaria, anche se ovviamente non sufficiente, per qualsiasi disegno di regresso all’obbligo vaccinale. Non proseguo nell’analisi, ma cito il riferimento rituale alle «soglie che garantiscono l’immunità di gregge» solo per sottolineare che la maggioranza di coloro che ne parlano in qualsiasi sede, e anche ai livelli più alti, mostrano di ignorarne sia il significato sia i limiti della loro applicabilità a casi concreti.
Il comunicato sui vaccini ha mostrato in maniera inaspettata e sconcertante la debolezza del M5S in un momento in cui era stato appena commesso qualcosa di eccezionale gravità ai danni dei cittadini. Confrontando il decreto vaccini con i tanti casi di corruzione e le piccole o grandi malversazioni dei parlamentari della maggioranza contro cui i “portavoce” del movimento si erano scagliati senza risparmiarsi, è impossibile non notare la differenza qualitativa.
Il fatto più sorprendente è che nel corso degli ultimi due anni il M5S aveva già espresso una posizione diversa, ragionevole e contraria in generale all’obbligo vaccinale, per voce soprattutto del già citato europarlamentare e fisico medico Pedicini, coordinatore del M5S nella commissione ambiente e sanità. Ma non è il 20 maggio, bensì un mese prima, che era avvenuta la svolta: con il comunicato del 20 aprile, che modificava radicalmente l’orientamento precedente e suonava come l’annuncio di un commissariamento del M5S in questa materia. Eccone l’esordio:
Il professore di fama internazionale Guido Silvestri, direttore della divisione di Microbiologia e Immunologia allo Yerkes National Primate Research Center della Emory University di Atlanta, l’eurodeputato fisico medico del M5S Piernicola Pedicini e la senatrice biologa del M5S Elena Fattori, stanno elaborando un documento che permetterà agli iscritti del movimento di potersi esprimere sul tema vaccini, in particolare sul tema della raccomandazione verso l’obbligatorietà.
Il M5S ha un approccio basato sull’evidenza scientifica e per questo si avvale della collaborazione dei massimi esperti mondiali della materia.
Il lavoro di studio e di confronto tra il professor Silvestri, che è un medico e scienziato che da oltre 20 anni si occupa di vaccini, e i due parlamentari del M5S, è iniziato alcune settimane fa e verrà pubblicato nei prossimi giorni.
È incredibile leggere che in una materia controversa e su cui il M5S aveva già preso posizione, la consulenza di un singolo “esperto” d’oltreoceano diventi condizione necessaria e sufficiente perché gli «iscritti al movimento» possano «esprimersi». Silvestri, che fa esperimenti su scimmie (cosa che getta un’ombra su di lui sia eticamente sia scientificamente), aveva scritto il 19 aprile una lettera pubblicata sul Fatto Quotidiano, di cui riprende le linee in un intervento sul blog di Grillo il 4 maggio. Il solo punto su cui si può concordare senza riserve con lui è dove ammette che non si intende di valutazione di programmi vaccinali e che quando difende i vaccini è in conflitto di interesse (traduzione in linguaggio ordinario della frase: «Preciso che la mia area di expertise è sullo sviluppo pre-clinico dei vaccini»). Insomma, l’uomo giusto al posto giusto.
Il tema su cui Silvestri si sofferma soprattutto è se per raggiungere alte percentuali di vaccinati sia meglio usare la persuasione o la coercizione. Ho già discusso e respinto questa impostazione viziata, che è l’esatto contrario di un «approccio basato sull’evidenza scientifica». Dal tono del suo discorso nessuno potrebbe mai supporre che lavora in un paese, gli Stati Uniti, in cui l’errore medico è la terza causa di morte, e neppure che l’articolo citato sull’ipotesi di un legame tra sovraccarico vaccinale e epidemia di diabete di tipo 1 sia apparso in un numero speciale a cura di un collega che lavora presso la sua stessa università.
In questi anni il M5S ha dato a molti la speranza di vedere finalmente in parlamento i “portavoce” dei cittadini, non gli ennesimi membri di una casta che, malgrado la diversità delle sigle, intesse accordi sottobanco in difesa degli interessi di una minoranza per la quale tutto, a partire dalla sanità, è principalmente operazione clientelare e opportunità di lucro. Il comunicato sul decreto vaccini, mai messo ai voti nonostante votazioni fossero state indette per questioni enormemente meno importanti, ha al momento totalizzato più di novecentocinquanta commenti (moltissimi di più della media), nella quasi totalità negativi e con uno spettro di opinione significativamente molto ristretto: in sostanza si va dal “sono deluso” al “siete come tutti gli altri e non vi voterò mai più”. Nella maggioranza dei casi si tratta, in sostanza, di messaggi di addio. Se se ne legge un campione casuale, ciò che colpisce è l’evidente sincerità dei mittenti, in contrasto con casi analoghi sullo stesso blog in cui è altrettanto evidente che un’alta percentuale è formata da disturbatori (troll).
Da un punto di vista della politica dei principali media è indicativo, in questa che si può considerare di gran lunga la più grave crisi di consenso del M5S, che nessuna testata abbia dato una notizia del tipo: “Comunicato M5S sui vaccini, rivolta della base” – cioè il titolo che, mutatis mutandis, era stato dato innumerevoli volte per dissidi interni al M5S nemmeno lontanamente paragonabili per gravità. Ciò dimostra, se ce n’era bisogno, che i principali media, al primo importante segnale di un’omologazione del M5S, diventano subito, come per incanto, benigni.
Finora nessuna risposta è arrivata dalla dirigenza del M5S. È inutile nasconderselo: il rischio, a questo punto, è l’implosione del movimento, e la sua rapida trasformazione in uno dei tanti insignificanti gruppi parlamentari contro cui Grillo aveva tuonato per anni nella sua efficace maniera teatrale. Se questo atto di resa alle transnazionali del farmaco (perché di questo si tratta) non sarà rapidamente ritirato o “reinterpretato”, sarà una pagina nera non solo per il M5S ma anche per le sorti della democrazia partecipativa in Italia.
Un decreto contro i diritti civili e contro il libero confronto scientifico
Il decreto vaccini non è nato dal confronto con i cittadini e con i medici, che anzi sono stati impediti, in collusione con la dirigenza della FNOMCeO, di dare il proprio contributo di analisi e di esperienza: due medici tra i più avvertiti sulla questione, Roberto Gava e Dario Miedico, sono stati radiati, ma già nell’ottobre 2015, per aver avanzato critiche molto ragionevoli sul programma vaccinale, era stato minacciato di querela un noto epidemiologo, Vittorio Demicheli (che si è dimesso nell’aprile di quest’anno da vicedirettore della sanità della regione Piemonte).
La comunità medica dovrebbe far sentire la propria voce contro questa manovra autoritaria che lede la propria dignità e, se non adeguatamente contrastata, minerà irreversibilmente in Italia il rapporto fiduciario medico-cittadini. Gli ordini dei medici è bene che non si facciano illusioni sugli effetti della trasformazione dei medici da consulenti a caporali, e della radiazione, per “reati di opinione”, di medici che godono della stima di generazioni di pazienti.
D’altra parte, il rifiuto della classe dirigente politica e scientifica di permettere sul programma vaccinale un dibattito aperto cui possano liberamente contribuire scienziati e laici nella varietà dei punti di vista e delle esperienze, senza timori di rappresaglie e senza la demonizzazione del dubbio, è una forma di quella prostituzione della scienza a interessi estranei di cui la storia d’Italia ha conosciuto altri momenti abietti, in particolare il consenso di tutta la comunità scientifica e accademica alle leggi razziali emanate dal fascismo nel 1938. Per questo anche la comunità scientifica farebbe bene a prendere al più presto le distanze da quei personaggi la cui sovraesposizione mediale può far immaginare una competenza unanimemente riconosciuta, in netto contrasto con la scadente qualità delle loro dichiarazioni. Purtroppo documenti come quello approvato «all’unanimità» dall’Accademia dei Lincei il 12 maggio, con “ammirevole” tempismo, non fanno ben sperare.
I docenti universitari, di qualsiasi ramo, è bene che si rendano conto tempestivamente della gravità di ciò che sta accadendo prima che anche in Italia, come già succede negli USA, un professore presso un dipartimento di medicina possa essere licenziato dopo 36 anni per non essersi fatto l’antinfluenzale (no, non visitava pazienti).
Lo scetticismo nei riguardi del decreto e il suo programma vaccinale è un atteggiamento sano e conforme alla razionalità scientifica. Il tentativo di espropriare le famiglie del proprio diritto al consenso informato sulle vaccinazioni va respinto anche da chi ritenga personalmente di voler aderire a tale programma vaccinale. La vera emergenza di fronte alla quale questo decreto ci pone è l’«emergenza democrazia».
In Italia esistono, purtroppo, autentiche emergenze sanitarie: come l’insicurezza degli edifici scolastici, gli sversamenti abusivi di rifiuti tossici, le criticità delle acque di acquedotto, i siti industriali inquinati, l’inquinamento elettromagnetico, e l’inquinamento urbano che uccide ogni anno decine di migliaia di italiani, come la Commissione Europea non si stanca di ricordare ai nostri governi. E, considerando i compiti statutari del ministero della Salute, come non pensare alla disorganizzazione e all’inefficienza del servizio sanitario nazionale, con le interminabili liste d’attesa e gli effetti perversi dell’aziendalizzazione delle strutture ospedaliere che di fatto escludono dai servizi sanitari 11 milioni di cittadini? Concentrarsi in maniera così unilaterale e intransigente su ciò che in Italia rimane di alcune malattie infettive significa ingannare i cittadini distogliendone l’attenzione e le risorse economiche dai maggiori pericoli per la loro salute che, senza il minimo dubbio, non sono oggi quelli che si trasmettono per contagio (secondo gli ultimi dati disponibili, nel 2012 ogni giorno sono morte di tumore in Italia una media di 485 persone).
In conclusione, se il decreto non sarà ritirato si aprirà una stagione di lotte dei cittadini contro una svolta autoritaria che, se non impedita, avrebbe il doppio effetto di prostituire la scienza e fare strame di diritti fondamentali che definiscono l’identità italiana ed europea.
Marco Mamone Capria