Dibattito sul Grande Salento: interviene Luigino Sergio
Il presidente dell’unione dei comuni della Grecìa Salentina e responsabile provinciale del Pd analizza il riordino del sistema provinciale pugliese.
È necessario fare chiarezza riguardo al riordino del sistema provinciale pugliese ed in particolare su quello concernente il Salento. Il PD salentino da mesi segue la vicenda del riordino delle Province, convinto che tale importante appuntamento non possa essere affrontato con leggerezza e con semplicità.
Il dibattito che si è sviluppato in questi ultimi mesi, su quale fosse la dimensione politico-territoriale ottimale per le Province dei prossimi anni, credo sia approdato ad un punto assai condiviso: il Grande Salento come unione delle tre Province di Lecce, Brindisi e Taranto è quello migliore, su cui si registra la sostanziale convergenza del centrosinistra e del centrodestra. L’ostacolo alla nascita del Grande Salento è rappresentato da quale debba essere il capoluogo della nuova Provincia. Secondo il centrodestra il PD avrebbe svenduto il capoluogo Lecce per Taranto. Stando invece ai documenti elaborati dal PD provinciale, anche in base ad uno studio elaborato dai Proff. Tondi della Mura e Mangiameli, entrambi Ordinari di Diritto Costituzionale, documenti presenti sui tavoli dei Sindaci e Presidenti delle Province di Lecce, Brindisi e Taranto e consegnati a suo tempo alla stampa, emergono due ipotesi:«a) la prima vedrebbe la Provincia di Lecce sopravvivere inalterata per ragioni meramente fortuite, considerato che il possesso dei requisiti prescritti non è meritorio, bensì puramente accidentale. Essa, pertanto, si manterrebbe in splendido isolamento, indifferente ai sommovimenti provinciali contigui. Si tratta di un’ipotesi politicamente non conveniente per due ragioni. Nel prossimo assetto regionale essa risulterebbe inferiore per popolazione e per estensione alla nuova eventuale Provincia derivante dall’accorpamento fra Brindisi e Taranto. Di conseguenza, la relativa funzione potrebbe solamente mirare al rafforzamento dello status quo, restando incapace, per il resto, di fare sistema con i bisogni e gli interessi della nuova Provincia confinante e, soprattutto, dimostrandosi indifferente alla vocazione originaria dell’intero territorio coinvolto …b) la seconda ipotesi, vedrebbe la Provincia di Lecce farsi parte attiva del proprio dissolvimento e del conseguente accorpamento con le due Province di Brindisi e Taranto.
In tal caso il sacrificio della rinuncia alla propria autonomia provinciale potrebbe essere compensato dall’attribuzione del ruolo di Comune capoluogo della nuova Provincia [se ciò fosse compreso, come sarebbe stato più giusto, dai Sindaci di Brindisi e Taranto!].L’ipotesi darebbe luogo a un’unica grande Provincia, comprendente una popolazione di 1.798.854 residenti e un’estensione di 7.035,47 Km. Si tratta di un’ipotesi coerente con la tradizione storica e con la vocazione socio-territoriale maturate al riguardo, oltreché funzionale allo sviluppo organico dell’intero territorio peninsulare salentino. La nuova Provincia salentina, per territorio, per popolazione e per enti comunali (146) che ricadono al suo interno, avrebbe un considerevole potenziale competitivo e, per adeguatezza, potrebbe immediatamente elaborare un piano strategico che analizzi il territorio, al fine di individuarne le vocazioni naturali derivanti dalle risorse e dai beni culturali che insistono nel territorio. In alternativa la legge di conversione precisa che «assume il ruolo di Comune capoluogo delle singole province il Comune già capoluogo di provincia con maggior popolazione residente, salvo il caso di diverso accordo tra i comuni già capoluogo di ciascuna Provincia oggetto di riordino» (art. 17, comma 4-bis, D.l. n. 95/2012). Il Progetto del Grande Salento fa seguito ad un ampio dibattito sviluppatosi da tempo nel nostro territorio, concernente l’ipotesi di riordino delle Province di Lecce, Brindisi e Taranto. Da oltre un decennio (2000-2012) le tre Province di Lecce, Brindisi e Taranto hanno approvato e sottoscritto atti di collaborazione istituzionale, tesi a coordinare gli interventi nei rispettivi territori provinciali, al fine di razionalizzare le scelte strategiche, soprattutto nel settore infrastrutturale, oltrepassando i confini delle singole Province con l’intento di porre in essere da un lato economie di scala e dall’altro la nascita di un territorio più forte in termini socio-economici e istituzionali; fatti questi che hanno permesso la predisposizione di un piano infrastrutturale congiunto da parte delle tre istituzioni provinciali salentine che prevede investimenti per 200 milioni di euro in infrastrutture strategiche per lo sviluppo del territorio. Questo è quanto ha detto e scritto il PD provinciale. Una volta si diceva che verba volant e scripta manent; non può esistere, come vorrebbe il centrodestra, che verba manent e scripta volant.
Occorre inoltre precisare che il D.l. n. 95/2012, prima della sua conversione con L. n. 135/2012, all’art. 17, prevedeva la «soppressione e razionalizzazione delle Province e loro funzioni»; la modificazione normativa apportata dalla legge di conversione non è di poco conto, in quanto sottopone a riordino tutte le Province delle Regioni a statuto ordinario esistenti alla data di entrata in vigore del D.l. n. 95/2012(dunque anche la Provincia di Lecce è oggetto di riordino),sulla base di due requisiti minimi individuati dal Consiglio dei Ministri:1. dimensione territoriale non inferiore a duemilacinquecento chilometri quadrati;2. popolazione residente non inferiore a trecentocinquantamila abitanti.Occorre prendere atto che la situazione di stallo scaturisce anche dal non avere seguito le procedure previste dalla legge. In Puglia non è stato attivato il Consiglio delle autonomie locali (Vendola lo ha fatto legiferare nel 2006), fatto che richiama a responsabilità, a differenza di quanto affermato dall’On. Poli, anche il centrodestra, atteso che tale organismo è previsto dall’ordinamento dal lontano 1990 (e dunque quando in Puglia non c’era il centrosinistra), l’unico soggetto titolato ad avanzare alla Regione una proposta di riordino del sistema provinciale; e non sono stati emanate dalla stessa Regione le norme intese a promuovere e coordinare l’iniziativa dei Comunirelativa alla modificazione delle circoscrizioni provinciali(art. 117, Cost.); ma a responsabilità vengono chiamati anche i Sindaci di Lecce, Brindisi e Taranto, incapaci di raggiungere, come recita la legge n. 135/2012, un accordo complessivo condiviso, anche sul capoluogo. Ora il tempo per proporre qualcosa di razionale appare scaduto, nonostante che il Consiglio provinciale di Lecce nella sua ultima seduta si siaattardato, a produrre provvedimenti inefficaci, tesi ad “accogliere” i Comuni brindisini e tarantini nella Provincia di Lecce; dimentichi che a breve sarà il Governo a proporre al Parlamento il riordino delle Province, con tutte le conseguenze che questo comporta. Come dice l’assessore regionale Dentamaro «non è un bell’inizio per la nuova stagione delle Autonomie, che in questo modo delegano ad altri decisioni importanti sugli strumenti istituzionali per affrontare le sfide di un futuro ormai prossimo». E spero che tutto questo non sia colpa del Pd provinciale.
Luigino SERGIO
Responsabile riforme istituzionali del PD
scarica qui il documento integrale del Pd provinciale
voi leccesi dimenticate sempre un particolare… Taranto ha i diritti per diventare capoluogo della provincia salentina per numero di abitanti e importanza storica ineguagliabile. Pertanto, restate nel vostro “splendido isolamento” col vostro piccolo capoluogo