DISSERVIZI POSTALI IN PROVINCIA DI LECCE
La riorganizzazione del recapito, imposta dall’Azienda Poste Italiane spa, ha determinato sull’intero territorio salentino la paralisi del servizio.
Questa riorganizzazione fortemente voluta dai vertici aziendali, sull’intero territorio nazionale, e che in Puglia sta interessando le provincie di Lecce, Brindisi e Foggia, e successivamente anche quella di Taranto, nasce dalla necessità aziendale di ridurre drasticamente il costo del lavoro, non solo nel recapito, ma anche nel settore della sportelleria e dello staff di circa 20.000 addetti entro il 2019, per rispondere all’esigenze di cassa del Governo.
Infatti Poste Italiane è rientrata nel progetto di privatizzazione voluto dal Governo per fare fronte al pagamento delle rate sul debito pubblico, azione che quasi sicuramente continuerà, viste le recenti dichiarazioni del ministro Padoan. Il problema quindi è tutto di politica economica e la privatizzazione di Poste viene fatta pagare ai lavoratori e ai cittadini, visto che l’aumento considerevole del costo del lavoro, imposto ai portalettere, si traduce in un servizio di recapito non più previsto su cinque giorni la settimana, ma a giorni alterni. Traduzione: un portalettere non serve più una sola zona di recapito, ma bensì due, con un orario di lavoro previsto su cinque giorni. Questo vuol dire che, a settimane alterne, la corrispondenza viene recapitata a rotazione, per due giorni su una zona e tre sull’altra e viceversa.
In provincia di Lecce il taglio è stato di circa 80 portalettere che, è bene precisare, non perderanno il loro posto di lavoro, ma subiranno una mobilità interna verso altri mestieri o verso altre province, al netto delle proposte di esodo incentivato che Poste predispone ogni anno sino al 2019.
Il progetto di riorganizzazione di recapito però, doveva rispettare, non solo quanto previsto nell’accordo nazionale, sottoscritto con le Organizzazioni sindacali nel settembre 2015, ma anche il contratto di programma sottoscritto con il Governo in materia di servizio universale, atteso che Poste Italiane, almeno sino a tutto il 2019 percepisce un contributo di circa 260 milioni di euro per recapitare la posta su tutto il territorio. Poste Italiane quindi, per affrontare questa riorganizzazione, aveva garantito l’impegno a realizzare un progetto e investimenti in nuove tecnologie in tempi brevi che nei fatti resta disatteso e lascia gli addetti nel caos più completo.
Spiegare quello che sta succedendo e quali siano i buchi neri nella nuova organizzazione postale è complicato, ma la considerazione che nasce è quella che forse ci sia una volontà politica e aziendale a dismettere una parte del servizio di recapito dal 2020, anno in cui Poste non avrà più riconosciuto il contributo per il servizio universale, e forse sta pensando di riposizionarsi su un mercato di prodotti postali con un alto valore aggiunto. È chiaro che l’atteggiamento di Poste, al di là delle dichiarazioni di rito “che tutto va bene”, non aiuta a capire se la situazione potrà avere un cambio radicale.
La SLC CGIL comunica – L’incontro di verifica sulla riorganizzazione del recapito, infatti, tenutosi a Roma nei giorni scorsi, non è andato verso quanto richiesto dalle Organizzazioni sindacali e auspichiamo un coinvolgimento sia delle associazioni dei consumatori che dei Sindaci che, a nostro avviso dovrebbero, chiedere un immediato coinvolgimento dell’ANCI a tutti i livelli.
Ci chiediamo inoltre quale ruolo stia svolgendo la deputazione locale, sia quella di Governo che d’opposizione, non ci risulta allo stato attuale alcun intervento concreto sul problema del recapito sul territorio salentino, e per porre un freno all’azione di privatizzazione di un’azienda che resta ancora di proprietà dello Stato.