Dove va l’unione dei comuni della Grecìa Salentina?
Dialogo con il consigliere, Wilson Castellano, uno dei nove sindaci che diedero vita all’Unione dei comuni della Grecìa Salentina.
E’ un implacabile atto di accusa contro chi avrebbe distrutto l’idea di Unione dei comuni della Grecìa Salentina, quello che esprime in questo dialogo Wilson Castellano, già sindaco di Zollino che nel 1990, insieme agli altri primi cittadini del’area grica, fece nascere l’Unione. Si ritrovarono uniti intorno a quell’idea nobile di area culturale comune ed unica, invidiata da tutti, che riuniva in un unico progetto di sviluppo i nove paesi. Oggi, semplice consigliere in seno al Consiglio unionale è convinto che “ di quell’idea originale non è rimasto più nulla”. Questi amministratori sarebbero stati capaci di vanificare una struttura nata solida e che, “basterebbe un poco di volontà, per riscoprirla tale. Purtroppo, a farla fallire è stato quel marasma di localismi che si è andato sempre più affermandosi”.
D. Perché tanto pessimismo consigliere Castellano?
R. Veramente non sappiamo più chi siamo, dove andiamo, cosa vogliamo fare. Ho sentito dire- ufficiosamente- che il presidente della giunta, Luigino Sergio avrebbe rassegnato le dimissioni. Ebbene, io non ho ricevuto nessuna comunicazione. Il presidente del Consiglio non è stato ancora eletto, dopo tre anni dall’insediamento della nuova assise, lo sostituisce il consigliere più anziano. Peraltro, avevamo votato in Consiglio all’unanimità- dietro mia insistenza- un ordine del giorno che impegnava la presidenza di riunirci subito dopo il sei gennaio per avviare il discorso della messa in comunione di alcuni servizi, peraltro previsti dalla legge: nulla a tutt’oggi. E vi sembra normale? L’Unione è fallita nel momento in cui non è riuscita a mettere in comunione i servizi. Obiettivo per il quale è nata.
D. Ma, almeno due comuni hanno deciso di metterne insieme alcuni. Corigliano d’Otranto e Castrignano dei Greci hanno proceduto ad unire i servizi di Polizia Municipale, Segretariato e Protezione civile. Secondo quanto sostenuto dal presidente Sergio nel corso dell’ultimo Consiglio, avrebbero agito contro il regolamento. Secondo lei?
R. Il regolamento è un mostro giuridico. Si dice tutto ed il suo contrario. Per non scontentare nessuno, soprattutto l’autonomia dei sindaci, si è immolato il principio di Unione. Ora, tutto è in alto mare. Il presidente a seguito delle dimissioni è di la da venire. Ma, questa volta, se qualcuno crede di arrivare in Consiglio a cose già fatte, ha sbagliato di grosso. Questa volta sarà discussione vera. Voglio sapere dove andiamo, e torniamo alla domanda di partenza, cosa facciamo nell’Unione, quale progetto ci unisce ancora, quali servizi sono pronti a partire. Perché, se è solo una questione di ricercare finanziamenti, l’Unione non serve, basta un Consorzio, com’era una volta.
D. Scusi sa, ma il regolamento cosa dice a proposito della messa in comunione dei servizi?
R. Ripeto, dice tutto ed il suo opposto. Non vuole toccare le prerogative dei sindaci. A questo punto bisognerebbe, quanto meno, rivedere l’articolo 4 sulla gestione associata. Altrimenti si decide di metter in piedi un organismo ad hoc per la gestione comune e si chiude la questione. Dovremmo tornare tutti a ricoprire i ruoli istituzionali assegnati ad ogni organo. Oggi ci troviamo di fronte ad una giunta che decide, organizza, approva, espropriando il Consiglio dal suo ruolo. I sindaci continuano a mantenere il proprio potere di gestione. Perciò ci troviamo di fronte ad una situazione di ingovernabilità.
D. Come se ne può uscire?
R. Riscoprendo il senso di quell’Unione fondata sulle radici culturali comuni che aveva unito i nostri paesi e fatti sentire facenti parte di un’unica comunità di 60mila persone. Capaci di far pesare la propria voce su ogni questione. Di fare sentire il territorio un unicum. Guardi cosa sta accadendo con le fonti alternative. Il nostro sta diventando un paesaggio aggredito da pale e pannelli fotovoltaici. Non c’è un progetto comune. Ogni paese vuole gestire il proprio territorio. Salvo poi trovarsi nelle condizioni di non poter dire di no di fronte alle proteste dei cittadini. Se, invece, si fosse ragionato come un unico grande paese avremmo avuto la forza di contrattare, di proteggere l’intera area. Magari discutendo con animosità, ma saremmo arrivati ad individuare il danno minore possibile per l’intero territorio. Ora, per quanto animati da buone intenzioni, ogni paese si trova a combattere, per lo più perdendo la causa, contro potenze economiche che sventolano sotto il naso dei sindaci quei quattro soldi delle royalties a danno del territorio. E questo è stato uno dei più grandi fallimenti dell’Unione.
Fernando Durante