Guida Enogastronomica Salentina: Secondi Piatti
Come promesso, siamo arrivati al secondo appuntamento e proseguiamo il nostro viaggio nell’enogastronomia salentina riproponendovi l’infografica di Nelsalento.com qui in basso e soffermandoci stavolta sui secondi piatti.
Scorrendo l’infografica possiamo scovare diversi secondi piatti tipici nelle schede dal forte impatto visivo. Continuiamo così a scoprire aspetti noti e meno noti dell’enogastronomia salentina. Molti dei secondi piatti derivano direttamente dalla tradizione culinaria contadina, come del resto è evidente se consideriamo che la popolazione locale è stata in larga parte di fascia contadina almeno fino agli Anni Sessanta del Novecento, cosa che ci rende anche orgogliosi del tempo passato.
Un secondo piatto molto noto è quello dei turcinieddhi (anche conosciuti come turcinieddhri), perché li possiamo abitualmente trovare tra i pezzi forti delle trattorie locali e delle bracerie. La sua origine è certamente molto antica, ma purtroppo ignota. Questo squisito piatto è sicuramente frutto dell’ingegnosità contadina, che ha trovato il modo di consumare tutto l’agnello senza buttar via nulla. Oggi, con la crescita della sensibilità animalista, può forse far sensazione anche solo l’idea di mangiare agnello, ma fino ad alcuni decenni fa questo rientrava nel quadro naturale delle cose. A quei tempi, i turcinieddhi erano molto più grandi (del peso anche di 2 kg) e consumati da più persone contemporaneamente. Le frattaglie residue di agnello o capretto venivano raccolte e tenute insieme in una sorta di reticolo naturale costituito dalle budella degli stessi animali. Con il tempo, si sono “evoluti” in piccoli bocconcini, più facili da cucinare e più semplici da mangiare singolarmente. Nell’estetica ricordano gli involtini, ma senza bisogno che vengano tenuti insieme da uno stuzzicadenti, per via della presenza della maglia di budella. La miglior preparazione li vuole al forno a legna oppure alla brace.
Tra le verdure vogliamo ricordare le fave nette con circorie selvatiche, un piatto che viene realizzato con elementi raccolti direttamente dalle campagne, eppure capace di dare la miglior nutrizione possibile.
Tra i “secondi” consideriamo anche due produzioni di cui siamo certi che siete o sarete ghiottissimi: le frise e la puccia salentina. Come non andare con la mente alle ghiottissime frise di pane secco imbevuto nell’acqua, così fresche e condite con pomodorini, sale, olio e origano? Un’immagine che è un emblema dell’estate nel Salento! Ma pochi sanno che le frise sono nate da un’invenzione contadina, per far sì che il pane potesse diventare “a lunga conservazione” per eventuali tempi di magra. La puccia, invece, è abbondantemente consumata oggi anche in città ed è rimasta invariata rispetto al passato: un pane di grano duro cotto al forno, che per tradizione viene proposto con le olive nere in molti paesi della Provincia di Lecce per la vigilia dell’Immacolata.
Tra gli altri, come non citare piatti di pesce come la scapece che si vede in tutte le feste patronali con il suo giallo paglierino nelle tinozze di legno, oppure lu purpu alla pignata, che ha dato vita al famoso proverbio “lu purpu se coce cu l’acqua soa stessa”.
Origine diversa, invece, per i pezzetti di cavallo al sugo, di cui oggi si tengono alcune sagre in estate. Anch’essi testimoniano in realtà il forte legame che vi era tra i contadini ed i loro animali. Fin dalle antichità, quando un cavallo stava per morire dopo aver dato tutto ai suoi padroni, mangiarne la sua carne era il modo migliore per onorarlo. Il tutto veniva fatto all’interno di pignate, essendo questa carne più vecchia, quindi difficile da arrostire.
Piatti di pane, di verdure, di carne o di pesce, che ben si accompagnano a uno dei tanti vini della nostra lunga tradizione e che sono ben noti anche fuori dall’Italia, arrivando nelle tavole degli estimatori di tutto il mondo: Malvasia, Negroamaro, Primitivo su tutti.
La Redazione