La difficile scelta della complessità
Fenomeno, antipolitica, onda d’urto, voglia di democrazia, pura demagogia.. Ognuno lo chiama a suo modo, gli attribuisce i caratteri che più fanno comodo a chi parla e non a chi ascolta concentrandosi tanto sul contenitore e poco (quasi nulla in verità) sul contenuto. Il movimento 5 stelle, meglio conosciuti come “grillini”, è venuto alla ribalta a queste elezioni amministrative dopo i risultati, per certi versi sorprendenti, del primo turno; che hanno fatto registrare la vittoria nel comune di Sarego, con l’elezione a sindaco di Roberto Castiglion, e la lotta tutt’ora aperta nel ballottaggio a Parma contro il centro sinistra tradizionale.
Dai più definita come “antipolitica”, in realtà il movimento nasce con un’iniziativa ed un gesto che è tipico dell’agire politico: la proposta. Nel settembre 2007 il primo V-Day aveva tre proposte chiare e precise, parole secche che arrivavano alla gente, al corpo elettorale, e che nessun partito fino a quel momento era stato capace di interpretare. Niente condannati in Parlamento, reintroduzione delle preferenze, massimo di due mandati elettorali. Delle battaglie che, in un momento politico veramente delicato, e con la scarsissima stima in quella classe dirigente (che per molti versi è anche quella attuale!), hanno attecchito. Sicuramente questo è un primo dato da tenere presente nella nostra analisi. Riuscire a dettare un certo modo di fare movimento e offrire un’idea di cambiamento che parta dal basso ha sicuramente soffiato su questo fuoco che, dall’indignazione di piazza, doveva e voleva trovare uno sbocco. A Grillo il sicuro merito di aver posto all’evidenza dell’opinione pubblica l’inadeguatezza d’una intera classe politica, tranne poche eccezioni, di solito messe ai margini di qualsiasi partito. Tale operazione di denuncia è riuscita a questo movimento, dopo che, purtroppo, nemmeno le varie opposizioni sono riuscite ad incidere su questo meccanismo, troppo legate al “Dio Consenso”. Ma a Grillo anche il torto di essere il padre-padrone di questo movimento scegliendo lui stesso i candidati, mettendo un cappello ineludibile su questa esperienza amministrativa. E il cappello di Grillo con sé non porta solo le risate e le folle oceaniche, ma anche gli attacchi al Capo dello Stato, le offese agli altri leader, la infelice frase: “La mafia è meglio dello Stato”. Elementi che, in qualsiasi Paese civile, non dovrebbero avere cittadinanza politica; parole che minano alla base il patto democratico fra cittadini e regole civiche di rispetto delle istituzioni e del “diverso”.
Possiamo veramente pensare che questa strada sia quella giusta? Credo che non si possa, invece, fare a meno di un’analisi politica attenta e lucida sul momento e sulle strade da percorrere per giungere ad un’alternativa credibile. Ad una mancanza di politica, un’assenza di idee e ad un’aridità assoluta di prospettive non possiamo certo rispondere con un generico: “Que se vayan todos!”. Vero è che dall’indignazione deve montare la voglia di impegnarsi, ma la risposta dev’essere politica. Alla cattiva politica non si risponde giocando su un altro campo, ma sul terreno del confronto, provando a far pendere le lancette della ragione e delle argomentazioni dalla propria parte. Non bisogna rinunciare alla complessità e alla fatica del confronto, facendo magari di tutta l’erba un fascio, affidandosi a troppo facili catastrofismi. La politica può cambiare solo se gli attori che si muovono nel contesto sociale cambiano il modo d’intendere i metodi di formazione del consenso; il consenso non si forma su risate, insulti e pernacchie, ma su percorsi condivisi e ricchi, che portino dentro tutte quelle istanze che si sentono escluse e partecipino a formare dapprima cittadini consapevoli e, in seguito, istituzioni credibili.
E’certamente la strada più complessa, faticosa e difficile. Ma la politica non deve accontentarsi d’essere facile, deve cercare la complessità, provare a farla arrivare alla società intera. E’ una sfida che ognuno deve sentire sua, ogni singolo cittadino, con le sue idee, speranze, aspirazioni e visioni del mondo. Senza messia salvifici o guru salva mondo. Ne abbiamo già avuti, ci bastano.
Dario Cannazza