Mai più erbicidi nell’oliveto: l’erba aumenta la quantità e qualità dell’olio
I giganti del Mediterraneo, gli olivi secolari del Salento, veri e propri monumenti vegetali che danno frutto ma che ne danno di più se c’è la più disponibilità di acqua. L’acqua che da la vita è importante perché anche in volumi ridotti migliora la produttività e la resa in olio. In questa nota come aumentare l’acqua a disposizione degli olivi della nostra terra
In provincia di Lecce le piante di olivo sono oltre 9 milioni e 500 mila vi sono oliveti tradizionali su terreni rocciosi e poverissimi, senza irrigazione. Comunque nella provincia ci sono anche oliveti irrigati capaci di produrre anche 300 q.li di olive per ettaro.
Gli impianti recenti interessano all’incirca 9.000 ettari, dei quali 3.000 di varietà nuove rispetto alle presenze secolari della Cellina di Nardò e dell’Ogliarola. La coltura è specializzata e viene praticata generalmente in asciutto, anche perchè meno del 20% circa della superficie olivetata è irrigata.
Quale acqua agli olivi del Salento leccese?
Nel Salento leccese il problema della desertificazione, processo irreversibile che comporta una diminuzione o distruzione del potenziale biologico dei suoli, impone una gestione delle riserve idriche sempre più oculata, unitamente alla necessità di rendere ecologicamente compatibili i modelli di sviluppo sociale ed economico.
Tutelare la risorsa idrica della falda
La Provincia di Lecce è ricca d’acqua, grazie alla presenza dell’acquifero calcareo che favorisce l’accumulo nel sottosuolo di ingenti risorse. Ma nello stesso tempo è di dominio pubblico che la ricchezza di acque sotterranee è compromessa da un uso dissennato della risorsa stessa. In provincia di Lecce, sino a qualche anno fa, erano 70mila i pozzi autorizzati e non sappiamo quanti altri ce ne siano senza autorizzazione. Lo sfruttamento della falda del Salento leccese è caratterizzato da prelievi eccessivi e non pianificati nonché dall’inquinamento puntiforme e diffuso di diversa origine (urbana, agricola, industriale). Se si dovessero trivellare nuovi pozzi per irrigare gli oliveti che oggi sono coltivati in asciutto si rischierebbe di compromettere ulteriormente la situazione con la conseguenza di un eccessivo prelievo di acque sotterranee e ulteriore abbassamento del livello della falda, il che a sua volta può produrre delle modificazioni ambientali. Tali modificazioni sono l’aggravamento di ciò che già accade: il mondo scientifico ha più volte denunciato che si sta verificando il richiamo di acque superficiali inquinate in acquiferi profondi non contaminati e che in prossimità della costa si è già provocato il richiamo di acque marine causando la salinizzazione della falda.
Coltivare l’oliveto solo con le acque di pioggia
Nel nostro territorio gli oliveti che non dispongono di irrigazione hanno a disposizione solo l’acqua di pioggia che come sappiamo a seconda delle zone del Salento leccese varia dai 600 ai 900 millimetri annui. Il tema è: “Quali pratiche agronomiche possiamo mettere in atto nel Salento leccese per aumentare l’acqua presente nei terreni degli oliveti?” Si tratta di fare in modo di aumentare la capacità che hanno i terreni del Salento di conservare l’acqua che cade con la pioggia nel periodo autunno – invernale e per ottenere questo obiettivo l’unica strategia che possiamo adottare è quella di limitare le perdite di acqua nel terreno quando l’olivo entra in vegetazione.
Lo studio coordinato da Assunta Maria Palese
Ho letto sull’informatore agrario 25/2011 lo studio coordinato da Assunta Maria Palese del dipartimento di scienze dei sistemi colturali, forestali e dell’ambiente dell’Università della Basilicata in cui i ricercatori giungono alla conclusione che se non si effettuano le lavorazioni e si lascia il terreno dell’oliveto inerbito si intercettano più efficacemente le acque piovane anche in quei periodi si pioggia scarsa facendo si che l’acqua si distribuisca sia in superficie che in profondità. In particolare questo studio ha accertato che l’acqua che si trova a più di un metro di profondità, che è quella che viene utilizzata dalle radici dell’olivo, si ricostituisce in presenza del cotico erboso.
Attenzione però, bisogna tagliare il cotico erboso!
Sempre nel lavoro coordinato da Assunta Maria Palese si legge “in generale i consumi idrici del sistema inerbito sono risultati superiori a quelli del sistema lavorato in tutti i periodi considerati”….”pertanto è di importanza fondamentale la scelta del momento più opportuno per il taglio del cotico erboso per evitare la sovrapposizione tra lo sviluppo delle essenze erbacee e le fasi di fioritura ed allegagione dell’olivo, particolarmente sensibili allo stress idrico e determinanti per la produttività.”
L’idea del collega Rori Muratore: le pecore che tagliano l’erba dell’oliveto
Per il taglio dei prati in maniera da averli ben rasati, senza rovi e arbusti vari generalmente si ricorre a decespugliatori e rasaerba che sono mezzi costosi, rumorosi e che richiedono l’impiego di manodopera. Il collega Rori Muratore in occasione di un Convegno e sollecitato dal prof. Silvano Marchiori che denunciava il pericolo dell’estinzione della flora nei terreni coltivati ad oliveto sottoposti al diserbo chimico propose di utilizzare le pecore per il controllo delle infestanti. Ho appreso poi che già da alcuni anni nell’Italia centro settentrionale i prati risultano sempre sotto controllo grazie al pascolo delle pecore e in particolare di quelle di razza Sufflok che sono voracissime e insaziabili. “L’utilizzo delle pecore Suffolk (per tenere sempre ben rasati e puliti i terreni incolti) è estremamente naturale e biologico, non inquinante e a ciclo chiuso: il terreno fornisce l’erba, le pecore mangiano l’erba, i loro escrementi concimano il terreno, l’erba ricresce ancora più rigogliosa. Quanto alle piante infestanti, queste vengono tenute sotto controllo e gradualmente eliminate perché le pecore ne mangiano in continuazione le foglie e i germogli.”….” “QUANTE PECORE PER ETTARO DI SUPERFICIE? Il numero ideale dei capi è di circa 2- 4 per ogni ettaro di terreno, in dipendenza dalla quantità e qualità dell’erba. Se ne possono tenere anche 6 o più, ma in questo caso occorre integrare l’alimentazione con fieno e mangimi appropriati per pecore da carne….” (Carlo Bavecchi, Allevate alcune pecore di razza Suffolk per tenere «pulite» le aree incolte VITA IN CAMPAGNA 1/2006)
Nel Salento leccese c’è erba per 280mila pecore
Moltiplicando due pecore per ettaro per i circa 90mila ettari di oliveto della Provincia di Lecce posso affermare che in questo territorio c’è pascolo per 280mila pecore e che questo reddito unito a quello della migliorata quantità e qualità dell’olio rappresenta una suggestione che potrebbe dare luogo a una prova che se riuscirà porterebbe eliminare definitivamente l’uso degli erbicidi nel Salento leccese.
Antonio Bruno