Martano: Rosario Diso interviene sulla riqualificazione di piazza Assunta e piazzetta Matteotti
La teoria della forma e della percezione visiva nella riqualificazione urbana di due piazze storiche di Martano
L’attenzione degli architetti e degli urbanisti per l’ambiente naturale e urbano e, più in particolare, per il rapporto fra comportamento ed identificazione, acquisì, agli inizi degli anni sessanta, una priorità assoluta nel dibattito sugli spazi pubblici. Numerosi furono gli studi che si svilupparono su questo argomento, nati nell’ambito dell’antropologia, della psicologia della percezione, della psicoanalisi e delle ricerche dei comportamenti, che certamente contribuirono ad un arricchimento culturale del rapporto tra architettura moderna, urbanistica, ambiente urbano e scienze sociali, che alimentarono il dibattito internazionale e, verso la fine del decennio, culminarono nelle analisi imperniate sullo spazio pubblico. Due furono le scuole di attività teorica: gli istituti di ricerca delle università americane, con gli studi di J. Jacobs, K. Lynch, J. Kepes ed altri e la scuola di Francoforte, che faceva riferimento a T. W. Adorno e ad A. Mittscherlick.
Al centro del dibattito di quegli anni vi erano alcune tesi e alcuni aspetti di importanza decisiva per i progettisti dell’ambiente. Prima di tutto il luogo pubblico, considerato come spazio in cui si manifestano i rapporti tra gli individui e poi la creazione dei «territori emotivi», cioè l’attaccamento delle persone ai luoghi, che sono un’altra delle basi necessarie alla crescita della comunicazione urbana. Questi fattori erano e restano componenti importanti di una cultura che si vuole civile e democratica.
Con ragione, quindi, ancora oggi, si può dare un significato alla teoria della forma urbana, caratterizzata dallo sviluppo e dal mantenimento delle condizioni, che possono creare comportamenti favorevoli all’espansione dell’individuo attraverso i «territori emotivi». E non è un caso se si attribuiva alle istanze e alle professioni, che garantivano la presenza di queste condizioni, il ruolo di «pietre angolari della democrazia». Il problema resta quello di riuscire a dare un significato allo sviluppo o all’impoverimento della comunicazione mediante la teoria della forma urbana. Queste poche osservazioni mettono in evidenza il ruolo determinante di coloro che hanno il compito di pianificare, realizzare e gestire gli spazi pubblici.
In questo ambito, la mancanza di sapere è grave e può avere conseguenze e ripercussioni notevoli sullo sviluppo dell’identità e della comunicazione di chi lo subisce. Sarebbe rovinoso capitolare di fronte alla sfida che lo spazio pubblico ci pone. Equivarrebbe ad un rifiuto di un obiettivo, poiché già il modo nuovo di costruire degli anni sessanta si basava sullo spazio comune come realizzazione di un ambiente fondato su principi fondamentali, determinati non da un’ideologia, ma dallo spirito del tempo e dalla reale conoscenza dell’uomo.
Quello che si sta proponendo a Martano (Le), con un’esperienza assai concreta, di riqualificazione urbana dello spazio pubblico di due piazze storiche, piazza Assunta e piazza G. Matteotti, nel cuore della città, è fondato sull’applicazione dei principi fondamentali della teoria della forma urbana e su due assunzioni preliminari:
1- Il miglioramento della qualità dell’ambiente urbano, senza intaccare la consistenza dei manufatti che lo definiscono;
2- Tutte le città, piccole e grandi, hanno in loro molte potenzialità latenti, che è possibile svelare solo attraverso una specifica azione sullo spazio, dove la progettazione ha la funzione di far emergere fisicamente la possibilità che ogni città possiede, ma che non appaiono altrettanto evidenti fino a quando non vengono esaltate dal progetto e rese manifeste dall’intervento.
Per ottenere risultati ottimali occorre che la progettazione dello spazio urbano sia appropriata al contesto, in armonia e non in antitesi, con gli elementi dell’ambiente naturale e antropico, perciò deve muoversi nella prospettiva di esaltare l’identità della città e dei luoghi a cui si riferisce, facendo tesoro del patrimonio di segni e di elementi stratificati e dev’essere sostenuta da un’idea di qualità, commisurata al punto di vista di chi usa la città e non solo da chi la progetta.
Su questa linea di tendenza vanno collegati i progetti delle due piazze storiche quadro, che l’Amministrazione Comunale si sta impegnando attivamente a sviluppare su più direttrici, a breve e a medio termine, e dove la progettazione delle stesse offre, da un lato, la prefigurazione di un diverso modo di usare gli spazi pubblici e dall’altro è realisticamente fattibile per parti, senza dover attendere la disponibilità totale di un uso pedonale degli spazi storici della città.
Prof. Rosario Diso, già insegnante di discipline geometrico-architettoniche presso il Liceo Artistico Statale di Lecce.
Secondo me questo è un “copiaincolla” usato chissà quante volte per giustificare analoghe situazioni. Tacca lu ciucciu a ddhu vole lu padrunu.
“…e dove la progettazione delle stesse offre, da un lato, la prefigurazione di un diverso modo di usare gli spazi pubblici…”
Cioè?
Praticamente, in che modo la piazza nuova sarà usata rispetto alla precedente?
Caro 000000,
forse per un uso migliore bisognerebbe mettere due tende come quelle di piazza I Maggio, architettura locale anni 2000