Martano: tra un anno si vota!
Alcune premesse da sostituire.
Tra un anno si vota. Non è una minaccia. Ma potrebbe risuonare tale ai tanti disillusi e stanchi di una politica che non riesce a scendere sul terreno concreto dei problemi quotidiani e prospettare qualche soluzione. In ogni caso, tra un anno il sindaco Coricciati e la sua amministrazione termineranno il proprio mandato. A quel punto si riapriranno le danze. Proviamo a vedere da dove si riparte e a fornire qualche spunto per riavviare una proposta politica concretamente di sinistra che rivolga la sua attenzione a coloro che più stanno soffrendo questa crisi. Il centro-sinistra langue. Ormai è risaputo. Le compagini che si erano presentate alle ultime amministrative sono state lentamente risucchiate nell’apatia più generale che attraversa la politica organizzata sotto forma di partiti e associazioni varie. I numerosi contrasti, le battaglie tribali per la leadership hanno svuotato quel prezioso serbatoio di militanza, idee e coraggio che da sempre ha costituito il tratto distintivo della sinistra martanese. Ma, c’è ancora un’ultima possibilità per conservare quel patrimonio e rilanciarlo, per valorizzarlo adeguatamente e metterlo al servizio di un progetto politico che rilanci il paese. Per fare ciò è necessario un cambio radicale delle premesse degli ultimi anni. Provo ad individuare quelle che a mio avviso andrebbero sostituite. Serve innanzitutto un progetto politico autorevole capace di cancellare quella zona grigia tra pubblico e privato. L’interesse privato è legittimo ma va contemplato nel più ampio interesse comune. Il ruolo della politica serve a questo, adempierlo le restituirebbe autorevolezza. Considero questo primo punto nevralgico. L’antipolitica che si ingrossa e si espande si nutre proprio del sentimento antiumanistico del sistema sociale e politico vigente in Italia, di cui, come scrissi nel mio precedente articolo Martano è soltanto un riflesso. Riconsiderare questo rapporto sarebbe già un ottimo punto di partenza. Ma non basta. È opportuno anche ritornare a coltivare un’idea di eguaglianza tra la gente. Sono necessari luoghi in cui i problemi individuali si cumulano in una causa comune. Questo punto è nevralgico quanto il primo. È la grande lezione del Novecento. Scrive Eric Hosbsawm: <<Gli operai erano uniti dalla componente centrale della loro vita: la collettività, il predominio del <<noi>> sull’<<io>>. Ciò che dava ai movimenti e ai partiti operai la loro forza originale era la convinzione giustificata dei lavoratori che gente come loro non poteva che migliorare la propria sorte con l’azione individuale, ma solo con l’azione collettiva, preferibilmente condotta attraverso organizzazioni, cioè con il mutuo soccorso, con lo sciopero e con il voto>>. È una lezione della storia che andrebbe attualizzata. Il riflusso individuale non è la soluzione. Bisogna unirsi e mettere al centro gli interessi comuni, nel nostro caso la priorità è il lavoro. Vero dramma del nostro tempo. Ed anche qui le premesse vanno ridiscusse, sostituite. Condivido l’idea che le istituzioni locali possano fare poco, non è a loro che spetta risolvere il problema, ma una gestione più trasparente e rimodulata sui bisogni reali delle poche risorse attualmente disponibili allevierebbe un po’ il disagio sociale. Faccio un esempio concreto: piazzetta Matteotti non rappresentava il luogo più degradato della nostra città. Quei soldi potevano essere investiti diversamente. Si potevano riqualificare le periferie. Fare una manutenzione straordinaria del verde pubblico. Questi compiti si potevano tranquillamente affidare a nostri concittadini particolarmente esposti ai colpi della crisi. Stimolando così uno spirito di comunità che si sta disgregando. Chiudo con qualche riflessione su quanto accade in Italia. In questi giorni nasce un nuovo governo, l’ennesimo senza legittimazione popolare. Barbara Spinelli scriveva qualche giorno fa su Repubblica che per come è avvenuta l’ascesa di Matteo Renzi a Palazzo Chigi assomiglia ad un cambio di guardia al Cremlino. Condivido quest’affermazione. Tutto è avvenuto lontano dai luoghi della democrazia. Il ruolo del parlamento è stato svilito. Idem per le urne. I partiti continuano ad esercitare un potere smisurato nonostante la evidente crisi di legittimità. In ogni caso, ritornando alle premesse da sostituire se non si cambiano le ricette economiche è difficile attuare una politica di benessere popolare. Bisogna mettere in discussione i dogmi dell’austerità, a partire dal rapporto deficit/pil al 3%. Per farlo c’è bisogno anche in questo caso che i cittadini si riapproprino dell’Europa e della politica.
Marco Termo
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Bravo Marco. Condivido in pieno. Purtroppo, però, sono convinto che la vecchia politica del “non ti preoccupare, ci penso io, tu votami”, resiste ancora e fa breccia ai meno attrezzati politicamente, i più. Ma io, da irriducibile ottimisma mi batto ancora e, spero, continui a farlo nel futuro prossimo ed in tutti gli anni a venire. Un abbraccio. Fernando