Rifiuti tossici, nei guai 31 dipendenti tra Ilva, Cerano e Cementir
Torna a far parlare di sé una delle aziende più chiacchierate del panorama internazionale, sicuramente quella più controversa per quel che riguarda il nostro territorio. Ancora protagonista l’Ilva di Taranto oggetto di milioni di discussioni, inchieste e opinioni contrastanti sulla sua funzionalità e possibilità di accesso. A far parlare, questa volta però, non è solo l’azienda tarantina, ma anche altre due realtà illustri all’interno dei confini nostrani. La notizia è clamorosa ed è arrivata nella mattinata di oggi: avrebbero venduto materiali tossici, destinati allo smaltimento, per la produzione di cemento. È con quest’accusa che sono finite nel registro degli indagati 31 persone, che fanno parte a vario titolo dell’Ilva, del Cementir e dell’Enel, per l’ipotesi di reato di traffico illecito di rifiuti e attività di gestione di rifiuti non autorizzata.
L’inchiesta è condotta dai militari del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Taranto, coordinata dalla Procura della Repubblica del Tribunale di Lecce. Stamattina le Fiamme Gialle hanno messo i sigilli per un sequestro preventivo alla centrale termoelettrica “Federico II” dell’Enel (a Cerano, Brindisi), allo stabilimento della Cementir Italia Spa e ai parchi loppa d’altoforno dell’Ilva (entrambi a Taranto). Stando a quanto si legge negli atti delle indagini, la loppa d’altoforno, materia prima utilizzata nella produzione di cemento venduta dall’Ilva a Cementir, conteneva illegalmente rifiuti pericolosi non dichiarati come tali. Materiali nocivi sarebbero stati presenti anche nelle ceneri volanti che Cementir acquistava dall’Enel di Cerano. Un’operazione che permetteva di trasformare quello che sarebbe stato un costo (separazione e smaltimento di rifiuti) in un guadagno, derivato dalla vendita dei materiali.
Dall’intercettazione di alcune conversazioni telefoniche è stato possibile accertare che alcuni dirigenti, quei trentuno di cui abbiamo parlato prima, ora indagati, non solo erano a conoscenza del fatto che le ceneri erano pericolose, ma si preoccupavano finanche di sviare gli inquirenti, fornendo dati falsi, e di evitare l’Arpa. La Procura di Lecce ha poi sequestrato 523 milioni di euro all’Enel: “ingiusto profitto” per il periodo compreso tra settembre 2011 e 2016. L’operazione delle Fiamme Gialle, denominata “Araba Fenice”, ha tratto origine da una attività di iniziativa conclusasi con un sequestro penale, eseguita cinque anni fa, di due aree della Cementir di Taranto, illecitamente adibite a discarica di rifiuti industriali, gran parte dei quali originati dall’adiacente stabilimento siderurgico Ilva.