Tap, continua il muro contro muro tra attivisti e forze dell’ordine. Giornalista ferito dalla Polizia, ma gli agenti smentiscono
Giorni concitati sul fronte Tap nel Salento per una situazione che non smette di offrire colpi di scena e continua a far parlare di sé senza tregua. Il fronte resta sempre aperto e gli schieramenti non accennano a fare un passo indietro. Da una parte la multinazionale che continua il suo piano per la realizzazione del gasdotto che dall’Azerbaijan dovrebbe portare gas nel cuore dell’Europa passando per l’approdo previsto a San Foca, appoggiata dalle istituzioni nazionali, dall’altra le istituzioni locali, cittadini ed attivisti che difendono i diritti della propria terra e l’incolumità del bene più prezioso per il nostro territorio, il mare. Una diatriba senza tregua che continua ad aggiungere pagine e capitoli nuovi ad una storia che, purtroppo, sembra già segnata dall’inizio. Dopo un periodo estivo di relativa calma e tregua, infatti, il clima è tornato, soprattutto nelle ultime ore, a farsi caldo e teso e gli scenari sono sempre gli stessi: attivisti a protestare ad oltranza e forze dell’ordine a reprimere per permettere la prosecuzione dei lavori.
È proprio nelle campagne salentine, lungo il futuro tracciato dell’opera, che da giorni continuano ad oltranza le azioni di disturbo dei manifestanti anti-gasdotto contro le operazioni di “potatura” degli alberi di cui è stata incaricata la ditta che lavora per conto della multinazionale Tap. A tal proposito l’azienda con una nota ufficiale specifica che: “Tali attività si svolgono nelle aree nella disponibilità di Tap, o perché acquistate in vista della realizzazione del PRT o perché prese in locazione temporanea per la posa (previa istituzione di servitù) della tubazione al di sotto di esse. Allo stato attuale si tratta dunque di terreni agricoli condotti da Tap che ne è l’unica responsabile anche per quanto riguarda la gestione degli ulivi, come è stato ricordato, con apposita lettera, nei giorni scorsi ai proprietari per evitare il ripetersi di episodi di accaparramento dei frutti o delle potature”. Riguardo alla azioni di resistenza degli attivisti messe in atto anche stamane nelle campagne di Melendugno, Tap spiega che: “il lavoro degli operai della ditta incaricata è stato a più riprese disturbato da gruppi di contestatori che hanno ripetutamente violato una proprietà privata, esponendosi alle eventuali conseguenze, anche penali, che ne potranno derivare”.
Dal canto suo il popolo No Tap si dichiara determinato a non arrendersi e, anzi, assicura che andrà avanti ad oltranza nelle azioni di contrasto al gasdotto, mentre contestualmente le forze dell’ordine cercano di assicurare il prosieguo dei lavori, anche scortando mezzi e operai sul luogo dei lavori. Stamane, intanto, ennesima giornata di proteste nel cantiere del gasdotto Tap a Melendugno. Alcuni attivisti hanno ostacolato i lavori di potatura degli ulivi presenti sul tracciato bloccando l’accesso alle stradine interpoderali con delle barricate utilizzando dei grandi tufi prelevati dai muretti che costeggiano la campagna. Qualche attivista si è sdraiato per terra per impedire il passaggio dei mezzi della ditta incaricata alle potature. Le forze di polizia sono dovute intervenire per liberare le strade dai manifestanti e permettere così agli operai di effettuare le potature.
C’è un caso, intanto, scoppiato nella giornata di ieri, che fa discutere e lascia parecchi interrogativi su come si siano susseguiti realmente i fatti. Un giornalista, che stava filmando un reportage per il portale internazionale ambientalista, 350.org è stato strattonato nelle campagne di “Contrada Lu Monacu” ed ha riportato alcune escoriazioni sulle gambe, braccia e schiena. Al momento, però ci sono due versioni totalmente contrastanti sull’accaduto. Quella riportata su alcuni quotidiani e dalle sue stesse dichiarazioni racconta di agenti in tenuta antisommossa che hanno aggredito e spintonato il giornalista, Jan Hustàk (svedese secondo alcune fonti, ceco secondo il racconto della polizia). Hustàk ha dichiarato: “Ero sulla strada ed avevo appena recuperato il mio drone. Una signora mi ha raggiunto e mi ha chiesto di seguirla dietro il cordone di polizia. Io le ho chiesto chi era e mi sono trovato strattonato da due poliziotti armati in divisa, ho cercato di spiegare che ero un giornalista ma non parlavano inglese”. Sempre secondo questa versione l’uomo aveva la pettorina identificativa arancione prevista per chi effettua servizi da inviato ed aveva il regolare permesso per far volare un drone che firmasse l’accaduto. Nella versione successivamente riportata dalla Polizia, invece, si legge un racconto dei fatti totalmente diverso. L’uomo non avrebbe avuto il regolare permesso per far volare un drone sopra la testa della gente, invece della pettorina identificativa aveva una maglietta rossa con l’effigie di Che Guevara e non sarebbe stato strattonato dalla Polizia, ma bensì da alcuni attivisti No Tap con la speranza di evitare il confronto con gli uomini in divisa. Sempre secondo quest’ultimo racconto la gamba escoriata risulta appartenente ad altra persona estranea ai fatti descritti.