Twiga Otranto, Briatore ritorna sui suoi passi?
Il Twiga aprirà o non aprirà nella data prevista del 30 di giugno? Se lo chiedono ormai in tanti, ma – al momento – nessuno è in grado di dare una risposta. Almeno fino a venerdì, giorno in cui è chiamato ad esprimersi sulla vicenda il Tribunale del riesame. Molto del giudizio dipenderà dalla valutazione che fornirà il perito incaricato dalla Procura, sulla cui base sono chiamati a decidere i giudici.
Il motivo che ha ispirato il titolare del marchio Twiga, Flavio Briatore, a ritirare la sua griffe è nel blocco dei lavori a causa, si sostiene, di opere abusive realizzate, anche se l’impresa “Cerra” che sta realizzando i lavori vanta ben undici pareri di nulla osta per la realizzazione dell’opera. Compresi quelli della Capitaneria di Porto di Gallipoli, della Regione, naturalmente anche quello del comune. I lavori contestati riguarderebbero – fra l’altro – lo sbancamento per la realizzazione di alcune piscine e l’interpretazione delle norme contenute nel Piano regolatore circa la regolamentazione delle costruzioni sui suoli agricoli sui quali sorge la struttura. Peraltro, molto discussa è anche l’individuazione della discesa a mare. Il Canalone dal quale si sarebbe individuata presenta serie criticità della falesia, tali da consigliare alla Capitaneria di bloccare l’accesso a mare.
La questione è complicata, come si vede, e la separazione tra Briatore e la cordata di imprenditori salentini potrebbe non essere solo temporanea. “Se Briatore ha deciso così non saremo certo noi a rincorrerlo. – dichiara Mino De Santis, presidente di Federbalneari – “Per il futuro credo che ognuno andrà per la sua strada comunque andrà a finire.”
Intanto ad Otranto, la campagna elettorale è in pieno svolgimento. Uno dei candidati a sindaco è Pierpaolo Cariddi, progettista del Twiga e fratello del primo cittadino uscente. In tutta questa vicenda potrebbe non essere estraneo proprio questo periodo. Intanto il titolare dell’impresa che sta realizzando la struttura ha sospeso l’assunzione di 60 contratti. Parlare sempre con la spada di Damocle del ricatto occupazionale per cui si giustificano anche abusi non va bene certamente. Non trascurare il problema è doveroso.