Xylella, decisione UE sul reimpianto di nuovi uliveti, pressing Moncalvo a Presicce
In un campo sperimentale di 12 ettari sono stati innestati 1.000 ulivi secolari con 250 varietà, di cui 220 italiane (moltissime DOP) e 70 delle quali pugliesi e salentine, per un totale di circa cinquemila innesti. Tra le varietà anche cloni delle cultivar autoctone, Ogliarola e Cellina, per redigere una scala di tolleranza del batterio. Il progetto si chiama ‘Xylella quick tollerance test”, perché si sfrutta il piede (la base del tronco) infetto di Ogliarola per trasferire meccanicamente e velocemente il batterio nell’innesto, accelerando così in termini di tolleranza e resistenza la risposta della cultivar innestata. L’apertura dell’Unione Europea alla possibilità di reimpianto di nuovi uliveti resistenti nell’area affetta da Xylella fastidiosa è una risposta all’impegno nella sperimentazione per dare un futuro agli olivicoltori che ormai da tre anni sono senza reddito. E il segnale di apertura va sostenuto facendo pressing concreto e serio sull’UE, fino alla decisione definitiva attesa a marzo. E’ quanto affermato il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo, a Presicce presso Masseria del Feudo, testimone dei progressi del progetto di ricerca, sintomo di una voglia di riscatto e di recuperare un giusto rapporto con l’ambiente e il territorio da parte del popolo salentino.
“Un segnale importante che – sottolinea Moncalvo – ci auguriamo possa diventare presto operativo con l’abrogazione dell’art 5 della Decisione di Esecuzione n. 789 del 2015 assunta dall’Unione Europea che vieta ai coltivatori salentini, vale a dire delle provincie di Lecce e parte di Taranto e Brindisi, di impiantare piante nelle zone già infette. L’apertura dell’Ue rappresenta una speranza di ripresa economica e produttiva proprio dove la patologia ha azzerato un intero patrimonio olivicolo, ma la volontà di mettere a dimora nuove piante è anche il sintomo – precisa Moncalvo – di una voglia di riscatto e di recuperare un giusto rapporto con l’ambiente e il territorio da parte del popolo salentino. Una volta ottenuta la deroga al divieto di reimpianto dovranno essere attivati tutti gli interventi utili a sostenere gli olivicoltori nell’attività di reimpianto e per ristorarli delle perdite subite, in termini di patrimonio olivicolo e riduzione di oltre il 50% della produzione di olive, oltre a garantire la moratoria sui mutui e la sospensione dei contributi.”
Un’altra ricerca, realizzata con Cnr (Ipsp di Bari e Ibbr di Perugia), Università di Bari e centro “Basile Caramia”, si basa sul ritrovamento in zone fortemente contaminate dal batterio, di 10 esemplari unici di olivastri asintomatici negli agri di Presicce, Ugento e Castrignano del Capo, risultati tutti negativi alle analisi per Xylella (ripetute tre volte in un arco temporale di sei mesi). I dieci olivastri (o semenzali) sono stati intercettati dopo una perlustrazione capillare di “selvatici” e si trovano tutti vicini a ulivi risultati dalle analisi in laboratorio carichi di batterio.
La ricerca sui semenzali locali, dunque, proverà ad individuare fattori di resistenza, tolleranza o addirittura immunità a Xylella fastidiosa. Dopo la buona notizia dei meccanismi di resistenza del Leccino e l’avvio delle sperimentazioni in zona infetta (sia con giovani piante inoculate o esposte ad infezioni naturali che attraverso innesti su piante secolari malate) si andrà così ora ad esplorare una biodiversità ed una variabilità genetica ancor più ampie. La speranza è quella di trovare proprio nel “bosco” di ulivi salentini la soluzione “genetica” definitiva alla malattia. Da una prima analisi dei profili genetici dei 10 semenzali è emerso, oltre ad una eccezionale variabilità genetica, il fatto che alcuni di essi sono “figli” delle cultivar locali Cellina di Nardò e Ogliarola Salentina. E da questa “progenie” si potrebbero preservare, tramite eventuali nuove varietà locali, alcune delle caratteristiche delle cultivar autoctone dominanti, oggi a rischio di estinzione nel Salento proprio per colpa del batterio.